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Schwab

Chi è Klaus Schwab e perché lascia il World Economic Forum di Davos

Klaus Schwab, fondatore e figura centrale del World Economic Forum (WEF) ha abbandonato la sua creatura, dopo 55 anni alla guida dell’organizzazione, bersaglio di teorie cospirazioniste di ogni sorta, ma anche di un’inchiesta del Wall Street Journal che ne aveva minato la reputazione 

Da ieri il World Economic Forum, il meeting internazionale che ogni anno riunisce a Davos figure eccellenti del panorama economico, finanziario e politico mondiale, ha perso il suo fondatore e punto di riferimento, l’economista tedesco Klaus Schwab. Una decisione che mette fine a un’era, proprio mentre Schwab entra nel suo 88° anno di vita e il mondo sembra avviarsi verso il declino del modello globalista.

CHI È KLAUS SCHWAB

Klaus Schwab nasce il 30 marzo 1938 a Ravensburg, in Germania. Ingegnere e economista di formazione, Schwab ha studiato al Politecnico di Zurigo, conseguendo successivamente un dottorato in economia all’Università di Friburgo e un master in amministrazione pubblica presso la Harvard Kennedy School. La sua carriera accademica e professionale lo ha portato a occuparsi di ingegneria industriale, politica economica e governance internazionale.

Nel 1971 fonda l’European Management Forum, che diventerà nel 1987 il World Economic Forum (WEF), con l’obiettivo dichiarato di promuovere la cooperazione tra il settore pubblico e privato a livello globale. Sotto la sua guida, il Forum di Davos è cresciuto fino a diventare uno degli eventi più influenti del mondo, attirando ogni anno capi di Stato, CEO di multinazionali, intellettuali e attivisti.

Schwab è anche autore di numerosi libri, tra cui The Fourth Industrial Revolution (2016) e Stakeholder Capitalism (2021), in cui promuove un modello economico in cui le aziende non devono rispondere solo agli azionisti, ma a una più ampia platea di “portatori di interesse” (stakeholder).

Le sue idee, soprattutto quelle espresse nel contesto del “Great Reset”, hanno suscitato tanto entusiasmo quanto sospetti e critiche, alimentando un intenso dibattito globale sul ruolo delle élite economiche nella governance mondiale.

PERCHÉ SCHWAB SI DIMETTE DAL CDA DEL WEF

Nel comunicato diffuso dal WEF, si legge che Schwab ha lasciato “con effetto immediato” il suo ruolo di presidente e membro del board. Al suo posto, è stato nominato presidente ad interim Peter Brabeck-Letmathe, ex CEO di Nestlé e vicepresidente dell’organizzazione. Il consiglio ha anche istituito un comitato per individuare un successore permanente.

Schwab aveva già abbandonato la presidenza esecutiva nel 2024, cedendo la gestione operativa a Børge Brende, ex ministro degli Esteri norvegese. Ma la sua uscita definitiva arriva in un momento di forti tensioni, dopo che l’immagine del Forum è stata colpita da un duro colpo reputazionale.

Nel 2024, infatti, il Wall Street Journal ha pubblicato una lunga inchiesta basata su oltre 80 testimonianze di ex dipendenti del WEF, che denunciavano un ambiente di lavoro tossico e profondamente compromesso, con accuse di razzismo, discriminazione e abusi ai danni dei propri dipendenti. .

Schwab, all’epoca, aveva respinto ogni addebito, ma pochi mesi dopo aveva lasciato la presidenza operativa, mantenendo un posto nel board fino ad oggi. La decisione di lasciare completamente l’organizzazione sembra dunque il coronamento di un lento ma inevitabile disimpegno.

CHE COS’È IL WORLD ECONOMIC FORUM DI DAVOS

Dal 1971 il World Economic Forum è cresciuto fino a diventare uno dei centri simbolici dell’élite globalista. Ogni gennaio, Davos si trasforma in una cittadella chiusa e blindata, dove capi di Stato, banchieri, industriali e accademici discutono a porte chiuse del futuro del mondo. Non sorprende quindi che il WEF sia da tempo nel mirino dell’opinione pubblica – e, sempre più spesso, della disinformazione. Il concetto stesso di “Davos Man”, coniato dallo storico Samuel Huntington e reso popolare dal giornalista Peter S. Goodman, è diventato sinonimo di una ristretta cerchia di persone ultra-ricche e influenti, accusate di modellare il mondo secondo interessi privati al di fuori di ogni controllo democratico.

Schwab, con la sua retorica sul “Great Reset” – tema del primo summit post-pandemia – è stato spesso bersaglio di teorie cospirazioniste che lo dipingono come burattinaio globale, al pari di George Soros o Bill Gates. Le accuse sono le più disparate: dal voler creare epidemie artificiali, fino a promuovere piani per la riduzione della popolazione.

E proprio la disinformazione, secondo l’ultimo Global Risks Report del WEF, viene indicata come la più grave minaccia a breve termine per l’equilibrio mondiale. Un riconoscimento che suona ironico, considerando quanto il WEF stesso sia oggi bersaglio di una narrazione tossica alimentata anche dalla chiusura e dalla mancanza di accountability che l’hanno caratterizzato per anni.

Le dimissioni di Schwab chiudono dunque un capitolo storico ma aprono una sfida altrettanto grande: restituire credibilità a un’organizzazione che, per molti, è diventata il simbolo stesso di un potere globale opaco.

 

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