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Fumo e prodotti senza combustione, Censis: “Più informazioni autorevoli per una scelta consapevole”

Le sigarette elettroniche si diffondono principalmente grazie al passaparola, ma c’è un importante gap comunicativo nel sistema sanitario italiano. Le fonti considerate più autorevoli, i medici, non danno abbastanza informazioni. I dati del rapporto del Censis

Il passaparola è l’alleato principale dei prodotti senza combustione, riconosciute dalla maggior parte degli italiani come meno dannosi rispetto a sigari e sigarette. Il problema è che il contributo dei medici all’informazione riguardo i prodotti a tabacco riscaldato, però, è praticamente assente. Servono strategie comunicative più efficaci da parte delle istituzioni sanitarie e dei professionisti della salute per restituire ai medici il ruolo di fonte informativa primaria. Diversi fumatori preferiscono smettere autonomamente piuttosto che rivolgersi a strutture specializzate. È quanto emerge dal 2° Rapporto sul fumo di sigaretta e i prodotti senza combustione in Italia, realizzato dal Censis con il contributo di Philip Morris Italia. Tutti i numeri.

FUMO, DOMINA IL PASSAPAROLA

La metà dei 1.200 fumatori intervistati (56,1%) ha conosciuto i prodotti senza combustione attraverso il passaparola con amici e conoscenti. Un dato che dimostra che la comunicazione informale si dimostra molto più efficace dei canali più istituzionali o professionali.
Il 18,9% dei fumatori interpellati, invece, rivela di aver appreso da Internet delle alternative a sigari e sigarette. Al terzo posto per fonte di informazione (17,4%) si posizionano i rivenditori.

FUMO, IL GAP COMUNICATIVO NEL SISTEMA SANITARIO ITALIANO

La nota negativa del Report del Censis riguarda un importante gap comunicativo nel sistema sanitario italiano. Infatti, i fumatori considerano le istituzioni sanitarie come la fonte più affidabile in materia (39,4%). Al tempo stesso, però, cercano e ricevono informazioni principalmente attraverso canali informali.

Un gap che ha effetti evidenti sull’informazione riguardo i prodotti da tabacco senza combustione. Infatti, appena lo 0,6% degli intervistati cita il proprio medico curante come fonte di informazione sui prodotti senza combustione. Un dato che appare in netto contrasto con la fiducia riposta nella categoria medica. Un terzo degli intervistati (33,1%) considera il medico una delle fonti più autorevoli sui rischi connessi al fumo. Una possibile soluzione per colmare il gap informativo potrebbe essere coinvolgere maggiormente i medici di medicina generale nella comunicazione sui rischi del fumo e sulle alternative.

I CONSUMATORI CONOSCONO I RISCHI

Gli italiani sono consapevoli che le sigarette elettroniche riducono i danni per la salute ma non eliminano i rischi, secondo il rapporto del Censis. La maggioranza degli utilizzatori di prodotti senza combustione (57,6%) li considera potenzialmente meno dannosi per la salute rispetto alle sigarette tradizionali. Inoltre, il 61,8% ritiene che questi prodotti comportino meno problemi dal punto di vista dell’aspetto fisico. Il 56,4% degli intervistati percepisce benefici fisici, come meno tosse e più fiato, dall’utilizzo di prodotti senza combustione rispetto alle sigarette tradizionali. Tuttavia, il 79,5% è consapevole che questi prodotti generano dipendenza.

FUMO, PIU’ DELLA META’ VUOLE SMETTERE MA POCHI RIESCONO

Più della metà degli intervistati (55,7%) ha almeno pensato di smettere di fumare. Un dato che dimostra una diffusa consapevolezza dei rischi. Tuttavia, solo il 41,8% ha provato a smettere ma ha ricominciato, mentre il 13,9% non ha mai fatto un tentativo. 8 fumatori su 10 hanno fatto più di un tentativo e sono ricaduti nell’abitudine entro un anno. La metà degli intervistati afferma che, se decidesse di smettere, non chiederebbe assistenza esterna. Solo il 16,4% considererebbe l’uso di prodotti sostitutivi della nicotina, come cerotti o gomme da masticare. Appena il 14,8% degli intervistati si rivolgerebbe a Centri Antifumo per ricevere supporto. Dato che sembra suggerire una scarsa conoscenza di questi centri, una difficoltà nell’accedervi, o una sottovalutazione dell’efficacia dei percorsi di cessazione.

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