Made in Italy, arriva il conto dei dazi sui prodotti più iconici. Il Corriere della sera ricostruisce quali saranno i prodotti più colpiti
Ormai è chiaro, la nuova ondata di dazi sulle importazioni europee colpirà duramente anche il Made in Italy. Una misura che, secondo Bruxelles, interesserà il 70% dell’export europeo, per un incasso stimato di 81 miliardi di euro a favore degli Stati Uniti.
Il Corriere della sera ricostruisce le vittime principali di questa stretta protezionistica. Tra i prodotti italiani più colpiti dai dazi Usa ci sono proprio alcuni dei simboli più riconoscibili dell’eccellenza agroalimentare italiana: formaggi, conserve, olio extravergine, vino e salumi. A Palazzo Chigi, intanto, si studiano le contromosse.
FORMAGGI MADE IN ITALY: DA ECCELLENZA A BENE DI LUSSO
I nuovi dazi colpiscono duramente i formaggi italiani. Il pecorino, finora esentato, sarà gravato da una tariffa del 20%. Rialzi anche per mozzarella, burrata, ricotta e mascarpone (dal 10 al 30%), provolone (dal 15 al 35%) e gorgonzola (dal 20 al 40%). La nuova stretta sui formaggi italiani desta forte preoccupazione tra gli operatori del settore. Secondo i dati forniti da Paolo Zanetti, presidente di Assolatte, l’Italia è il primo esportatore mondiale di formaggi verso gli Stati Uniti con oltre 40.000 tonnellate annue (per un valore di 486 milioni di euro), quasi il doppio rispetto alla Francia. Il rischio, dunque, è pagare un conto estremamente salato, soprattutto in ragione del fatto che, rispetto al 2019, i prezzi sono quasi raddoppiati.
In questo contesto, l’idea di diversificare le destinazioni appare poco praticabile: gli Stati Uniti rappresentano il terzo mercato di sbocco per i formaggi italiani dopo Francia e Germania. Sostituirli non è realistico, e la via negoziale resta l’unica strada percorribile per salvaguardare un mercato ritenuto strategico.
PARMIGIANO: PREZZO SALE A 59 DOLLARI AL CHILO
Tra i prodotti più colpiti, anche il Parmigiano Reggiano, un mercato che contava su oltre 16.000 tonnellate esportate nel 2024 e una crescita del 13,4% sull’anno precedente. Risultati che confermavano l’interesse del mercato americano per questo prodotto d’eccellenza, venduto negli Usa a un prezzo medio di 50 dollari al chilo, ben più elevato rispetto ai circa 15 euro/kg sul mercato interno, spiega Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano.
Con l’introduzione dei nuovi dazi, lo stesso prodotto potrebbe arrivare sugli scaffali statunitensi a circa 59 dollari al kg, rendendolo ancora meno competitivo. Una situazione che impone un confronto diplomatico: il Parmigiano Reggiano, infatti, non rappresenta una reale minaccia per i prodotti locali come il parmesan americano, e colpirlo con misure protezionistiche rischia di compromettere un equilibrio commerciale costruito negli anni, aggiunge Bertinelli.
CONSERVE E PELATI MADE IN ITALY: TARIFFE DAL 12% AL 32%
Le tariffe sulle conserve made in Italy aumenteranno dal 12% al 32%. La misura colpisce un settore che esporta il 60% della propria produzione, con un fatturato estero di 3 miliardi su 5,5 miliardi totali, dichiara al Corriere Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav. Le conserve di pomodoro rappresentano uno dei pilastri dell’agroalimentare made in Italy, con il 60% della produzione destinata ai mercati esteri per un valore che supera i tre miliardi di euro su un fatturato totale di 5,5 miliardi. Tra le destinazioni più significative spiccano proprio gli Stati Uniti, che assorbono circa il 15% dell’export extra-europeo.
VINO E ALCOLICI: RISCHIO RECESSI
Il settore alcolici è strategico: vale oltre 2 miliardi di export e coinvolge circa 450.000 lavoratori in Italia, secondo quanto riferisce Chiara Soldati, presidente di Casa Federvini. Un asse cruciale nelle relazioni commerciali tra Italia e Stati Uniti, dunque, che sostiene circa due milioni di posti di lavoro lungo tutta la filiera e generando un interscambio rilevante: tra il 1997 e il 2018, il commercio tra Usa e Ue è cresciuto del 450%, toccando i 200 miliardi di dollari. Tuttavia, l’esperienza vissuta tra il 2018 e il 2021, quando i dazi sugli spirits europei portarono a un crollo del 41% nelle esportazioni italiane di liquori, fa temere che lo scenario possa ripetersi.
Il settore oggi vale oltre 2 miliardi di euro solo per l’export verso gli Stati Uniti, coinvolgendo 450.000 lavoratori italiani, ai quali si somma un vasto indotto legato al vino e al confezionamento. L’introduzione delle nuove tariffe in un momento cruciale — quello del cambio di annata, quando gli importatori sono soliti rifornirsi — rischia di aggravare l’impatto, causando recessi contrattuali e contrazioni nelle esportazioni.
OLIO: INVERSIONE DI TENDENZA NEI CONSUMI?
Nel 2024 gli Stati Uniti si sono confermati primo mercato per l’olio extravergine d’oliva italiano, con 1,1 miliardi di euro di export, come ricostruisce Nicola Ruggiero, presidente del Consorzio Oliveti d’Italia.
I prodotti Dop e Igp, seppur minoritari, trainano la crescita, ma l’introduzione dei dazi potrebbe rallentare questa tendenza. Il rischio è che i consumatori americani, attratti da alternative più economiche come gli oli di semi — di cui gli Usa sono grandi produttori — cambino le loro abitudini alimentari, penalizzando la qualità italiana.
PROSCIUTTO DI PARMA: A RISCHIO 800.000 UNITÀ
Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma, spiega che nel 2024, circa 800.000 prosciutti di Parma sono stati esportati negli Stati Uniti, per un valore di 100 milioni di euro: un terzo dell’export totale.
Penalizzare l’esportazione di questo prodotto, legato indissolubilmente al suo territorio di origine, potrebbe perciò avere gravi conseguenze. Il prosciutto di Parma, protetto dalla Denominazione di Origine Protetta, non può essere prodotto al di fuori della zona tipica, e limitare il suo accesso al mercato statunitense non favorirà la produzione locale. L’effetto principale potrebbe essere un danno ai consumatori americani, che si vedranno costretti a scegliere alternative meno autentiche.