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“L’Europa della difesa renda la Nato più forte”. Parla il sottosegretario alla Difesa Perego di Cremnago

Difesa europea o rafforzamento della Nato? Il sottosegretario al ministero della Difesa, Matteo Perego di Cremnago, a Policy Maker , fa chiarezza sugli impegni del nostro paese in materia di difesa e sicurezza 

Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario al ministero della Difesa, con alle spalle una legislatura trascorsa alla Camera sotto le insegne di Forza Italia, fa il punto, a Policy Maker, sulla situazione delle forze armate italiane ed europee mentre a Bruxelles è in corso il Consiglio Europeo incentrato sul piano ReArm Europe proposto dalla presidente Ursula Von Der Leyen.
In questa intervista il sottosegretario si focalizza non solo sul cosiddetto piano di riarmo europeo, ma anche sul rapporto tra l’Ue e la Nato, sul tema degli investimenti nel campo della difesa e della cybersicurezza e sui punti di forza e di debolezza delle nostre forze armate.

L’Italia e l’Europa quanto hanno bisogno di un piano di riarmo?

Non sta aiutando la sua denominazione di “piano di riamo” quanto invece sarebbe più adeguato identificarlo come un piano di difesa e sicurezza. Non si tratta solo di armi e munizioni quindi, ma di investimenti in nuove tecnologie e nel tessuto industriale europeo. Oggi, investire in difesa significa investire in sicurezza in tutte le sue forme: dalla protezione delle infrastrutture critiche strettamente correlate al benessere (anche subacquee), sino al dominio cyber, allo spazio, passando per la dimensione informativa e cognitiva.

È il caso di puntare su un riarmo europeo o su un rafforzamento della Nato?

La Nato rappresenta il pilastro fondamentale della sicurezza europea e atlantica e un’Europa più forte nella difesa rafforzerebbe la Nato stessa, contribuendo in maniera più significativa alla stabilità internazionale. Nato ed Unione Europea devono essere complementari e sinergiche.

Gli Stati Uniti vogliono che investiamo di più nella Nato, la Premier Meloni vuole dare seguito a questa richiesta. Siamo, dunque, pronti ad investire più punti di Pil in questo capitolo?

L’impegno dell’Italia è chiaro: raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil per la difesa. Tuttavia, investire in difesa non deve essere visto solo come un vincolo imposto dall’esterno ma come una scelta strategica per garantire sicurezza nazionale, sviluppo tecnologico e crescita economica. Un paese sicuro è un paese più stabile, più attrattivo per gli investimenti e meglio posizionato a livello internazionale. Difesa e sicurezza sono alla base della nostra società, senza questo presupposto non ci può essere benessere e sviluppo.

Dal punto di vista economico e geopolitico quali possono essere i benefici di una tale scelta?

A livello economico, maggiori investimenti nella difesa significa sviluppo dell’industria tecnologica e dell’innovazione, con ricadute positive nel tessuto industriale nazionale, la creazione di posti di lavoro qualificati e il rafforzamento del know-how industriale anche in ambito Stem. A livello geopolitico, una deterrenza più solida aumenterebbe il peso dell’Europa come attore credibile nei contesti internazionali, consentendo di esercitare un ruolo più attivo nella gestione delle crisi e nelle decisioni strategiche globali.

Quali sono i settori della difesa italiana su cui è più necessario investire?

Oggi viviamo in un mondo interconnesso, in cui le minacce non si limitano più ai domini tradizionali e al solo “campo militare”, ma si estendono anche a quelli più innovativi come la cyber e lo spazio, sempre più vicini alla vita dei cittadini. Investire in difesa significa rafforzare la nostra sicurezza davanti a scenari operativi in continua evoluzione, accelerati dall’innovazione tecnologica e dall’accesso a strumenti avanzati anche da parte di attori che in passato non ne avevano la possibilità.

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