L’on. Gianfranco Rotondi su Manifesto di Ventotene, difesa europea, eredità democristiana e sfide geopolitiche dell’UE
Gianfranco Rotondi, politico di lungo corso e attuale deputato di Fratelli d’Italia, è una delle voci più autorevoli della tradizione democristiana in Italia. Già ministro per l’Attuazione del Programma di Governo per il quarto esecutivo Berlusconi, ha dedicato la sua carriera alla difesa e alla rielaborazione dell’eredità culturale e politica della Democrazia Cristiana.
In questa intervista affronta alcuni dei temi cruciali del dibattito politico ed europeo: dalla difesa comune dell’UE al ruolo storico del Manifesto di Ventotene, fino alle sfide che l’Europa deve affrontare per restare un attore centrale sulla scena globale. Con un occhio alla tradizione cattolica e ai valori occidentali, l’on. Rotondi offre una prospettiva democristiana sulle scelte strategiche che attendono l’Italia e l’Unione Europea.
Ci spiega perché ha contestato l’uso dell’espressione “padri dell’Europa” riferita ai firmatari del Manifesto di Ventotene?
Perché non è veritiera: possono aver spronato all’ideale europeo, averlo nutrito per primi, ma i padri dell’Europa sono i politici che l’hanno realizzata, tutti e tre democristiani: De Gasperi, Schumann, Adenauer.
Il presidente Meloni ha letto alcuni stralci del Manifesto di Ventotene distribuito nelle piazze della manifestazione europeista di sabato scorso. Qual è il contributo al dibattito sulla difesa europea?
Si è trattato di un inciso, non dell’asse portante del discorso della premier, che ha ampiamente illustrato e motivato la posizione dell’Italia sulla necessità di una difesa comune europea.
Quello della difesa europea è un tema storico della costituzione europea. In che modo la Comunità europea di difesa, sostenuta anche da De Gasperi, differisce dai piani di cui stiamo leggendo in questi giorni?
De Gasperi aveva previsto un quadro simile a quello attuale, e gli storici narrano che i suoi ultimi giorni furono segnati dal cruccio per la lentezza con cui procedeva la decisione sull’esercito comune europeo, a cui egli legava il futuro dell’ideale europeo.
Il Papa parla di disarmo, l’Ue di riarmo. Esiste un pensiero democristiano sulla difesa europea?
Il Papa indica finalità e principi, gli uomini di Stato, se sono credenti, sicuramente possono conformarsi ad esse, ma nell’osservanza del laico dovere di preservare la sicurezza e la sovranità delle nazioni che sono chiamati a governare.
Molti collaboratori di Trump sono cattolici, a partire dal vice JD Vance. Come si coniuga la visione cristiana con alcune politiche inaugurate da Washington? Penso soprattutto all’imposizione della pace all’Ucraina o al respingimento di persone incatenate dal territorio Usa.
I respingimenti sono un’immagine cruenta, ma lo sono anche alcune immagini di accoglienza pelosa. Il tema dell’immigrazione va sottratto alla politica degli spot. E vale anche per la pace, che richiede iniziative energiche, quali mi auguro saranno quelle di Trump.
Quale strada, secondo lei, può seguire l’Ue per non fare la fine del vaso di coccio tra i vasi di ferro
L’Europa deve mostrare di esserci, ma non deve uscire dall’orizzonte occidentale. L’Occidente è anzitutto un sistema di valori che richiede ancora una solidarietà forte di Europa e America.