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Paragon

Caso Paragon, chi è che punta il dito contro il Dap e la polizia penitenziaria

Il nodo delle intercettazioni dello spyware di Paragon rischia di allargarsi. I dubbi di Matteo Renzi e del sindacato Osapp sulla polizia penitenziaria 

Il caso Paragon continua ad agitare il dibattito politico e istituzionale, con nuove ipotesi che si fanno strada sulla presunta utilizzazione del software-spia. L’attenzione inizia a crescere nei confronti della polizia penitenziaria  e sul Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

MATTEO RENZI E L’OSAPP CHIAMANO IN CAUSA LA POLIZIA PENITENZIARIA E IL DAP

A rilanciare sospetti è Matteo Renzi, il quale ha evidenziato come finora solo polizia, carabinieri e finanza abbiano negato di aver utilizzato lo spyware di Paragon: “Mi stupisce – ha detto l’ex premier – che ancora la polizia penitenziaria non abbia smentito di aver acquistato questo software”, aggiungendo di avere “l’impressione che sulla torbida storia di intercettazioni abusive ci sia molto altro sotto”.

Anche i sindacati del settore esprimono una certa preoccupazione. Secondo Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, “all’interno del Corpo c’è un problema di chiarezza e di trasparenza”. E avverte: “Spero che le voci sull’utilizzo di questo spyware per le indagini da parte dei nostri agenti non siano vere, altrimenti la prima cosa che i vertici del Dap dovrebbero fare sarebbe dimettersi”.

L’INTELLIGENCE SOSPENDE L’USO DEL SOFTWARE DI PARAGON

A gettare ulteriore benzina sul fuoco è arrivata la decisione dell’intelligence italiana di sospendere l’operatività del trojan di Paragon fino alla conclusione della procedura di due diligence condotta dal Copasir e dall’Agenzia nazionale per la cybersicurezza. Una scelta maturata dopo giorni di polemiche, scatenate dalla rivelazione che lo spyware fosse stato utilizzato per sorvegliare il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e l’attivista di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini.

“Detta così, la recente decisione del governo di sospendere l’operatività del trojan sembra di buon senso, ma in realtà è una clamorosa smentita di quello che l’Esecutivo aveva detto in Parlamento. Hanno già cambiato versione” ha attaccato ancora Renzi, puntualizzando che “al momento hanno smentito polizia, carabinieri e finanza, ma non ancora la polizia penitenziaria”.

LE RECENTI TENSIONI AL VERTICE DEL DAP. CHI E’ IL NUOVO CAPO DEL DIPARTIMENTO

L’ombra del caso Paragon si allunga quindi su un Dap già attraversato ultimamente da forti tensioni. Lo scorso 22 dicembre l’allora capo del Dipartimento, Giovanni Russo, annunciò le sue dimissioni, ufficialmente per assumere un nuovo incarico come consigliere giuridico alla Farnesina. Dietro la sua uscita, però, a quanto pare – leggendo le cronache – si nascondeva un rapporto deteriorato con il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, di Fratelli d’Italia, e con “la potentissima capa di gabinetto Giusi Bortolozzi” (copyright Repubblica).

GLI ATTACCHI DI RENZI A DELMASTRO

Tra l’altro, all’interno del Governo le deleghe al Dap sono in carico proprio a Delmastro, preso di mira più volte negli ultimi mesi proprio dal leader di Italia Viva (vedi il caso Cospito o il caso Pozzollo). E chissà se il vero obiettivo politico dell’attacco di Renzi non sia proprio il sottosegretario meloniano.

Al Dipartimento, nel frattempo, al posto di Russo è subentrata Lina Di Domenico, già vicecapo del Dap, diventata così la prima donna a guidare l’Amministrazione Penitenziaria. Ex magistrato di sorveglianza a Novara, è anche nipote di Giuseppe Falcone, storico dirigente del Dap. Di Domenico si trova adesso a dover gestire quest’altra grana, molto delicata e complicata. Con i sindacati che già puntano l’indice anche nei suoi confronti, qualora dallo spinoso caso Paragon dovessero emergere nuovi ingombranti dettagli che potrebbero chiamare in causa la polizia penitenziaria,

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