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Perché a protestare, adesso, è la sanità privata. Ecco i protagonisti della mobilitazione

Manifestazione per i medici della sanità privata convenzionata. Tra i nodi, il dumping salariale

Il 2025 non sembra essere iniziato sotto una buona stella per la sanità. A gennaio medici e infermieri hanno manifestato per le condizioni lavorative e salariali. Adesso tocca alla sanità privata convenzionata che, sotto la pioggia battente di Roma, si è mobilitata davanti al ministero della Salute per una protesta che potrebbe rappresentare un tornante decisivo nel percorso, assai accidentato, per il rinnovo del contratto, fermo da ben 20 anni. Lo sciopero, promosso dal sindacato Cimop (Confederazione italiana medici ospedalità privata), ha visto un’adesione massiccia, con medici arrivati da tutta Italia, dalla Lombardia alla Sicilia.

“Siamo orgogliosi dei nostri iscritti e dell’impegno che hanno profuso per una causa nobile e non per un capriccio” ha dichiarato Carmela De Rango, segretaria nazionale Cimop, sottolineando l’“oggettiva sottovalutazione” da parte della politica e delle associazioni datoriali. “Non equiparare medici che svolgono le stesse funzioni con le stesse mansioni – ha aggiunto – significa svilire uomini, donne e professionisti sull’altare del mero profitto”.

AL CENTRO DELLA PROTESTA IL DUMPING SALARIALE

Il punto centrale della protesta riguarda la forte disparità economica tra i medici della sanità pubblica e quelli del settore privato convenzionato. “Hanno una retribuzione di 37-60mila euro lordi l’anno, la metà rispetto al pubblico, pur svolgendo le stesse attività” ha spiegato De Rango, chiedendo che vengano imposti “vincoli di accreditamento”.

Un divario che Guido Quici, presidente della federazione Cimo-Fesmed, ha definito una violazione dell’articolo 36 della Costituzione , “valuterei anche il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo” ha puntualizzato nel corso della mobilitazione.

IL CONTRATTO NELLA SANITA’ PRIVATA BLOCCATO DA VENT’ANNI

A pesare sulla situazione è lo stallo contrattuale imposto dalle associazioni datoriali Aiop e Aris, che non rinnovano il contratto dal 2005. “Sono vent’anni che Aiop non rinnova il contratto, una cosa fuori dal mondo” ha dichiarato Giuseppe Musolino, presidente Cimop, ricordando come nel 2020 fosse stato definito un accordo innovativo, poi bloccato da Aiop che ha chiesto al ministero la copertura finanziaria integrale.

Secondo Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), la mancata firma di un nuovo contratto rappresenta “un’anomalia del sistema che non può reggere” e un “vulnus rispetto alla rappresentazione democratica sul lavoro dei professionisti”. Anelli ha inoltre ricordato che la sanità privata convenzionata copre il 40% delle strutture del Servizio sanitario nazionale, rendendo il problema di ampia portata.

IL MINISTERO APRE AL DIALOGO

Al termine della manifestazione, una delegazione Cimop è stata ricevuta dal capo della segreteria tecnica del ministro, Stefano Moriconi, e dal dirigente dell’ufficio di Gabinetto, Luigi Patacchia. “Già dalla prossima settimana il ministero della Salute si attiverà per avviare un’interlocuzione con le associazioni datoriali Aiop e Aris in vista di un confronto con noi, per capire se è possibile arrivare a firmare un contratto che manca da 20 anni” ha dichiarato la delegazione Cimop.

Tra le ipotesi sul tavolo, si valuta anche il blocco delle convenzioni per le strutture che non rispettano il rinnovo contrattuale. Un’altra possibilità, al momento remota, è l’istituzione di un “contratto unico per tutta la sanità”, che potrebbe centralizzare le risorse sotto il ministero della Salute, evitando la dipendenza dal Mef.

Nonostante l’apertura del ministero, i medici restano pronti a nuove forme di mobilitazione se non arriveranno risposte concrete. “Mi aspetto che il ministro della Salute porti concretezza alle promesse fatte e ci aiuti in un diritto sacrosanto: rinnovare un contratto scaduto da vent’anni. Ne va dell’onorabilità della professione intera” ha concluso De Rango.

Il confronto tra governo, sindacati e datori di lavoro sembra dunque appena iniziato, con la pressione della categoria che rimane alta. Per i medici della sanità privata, il 2025 potrebbe finalmente segnare la fine di un’attesa lunga due decenni.

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