Il premier israeliano vuole che le forze dell’Unifil si ritirino “dalle roccaforti e dalle aree di combattimento di Hezbollah”, perché fanno da “scudi umani” ai miliziani sciiti. La notizia è su tutti i quotidiani italiani, a partire da la Stampa che titola: “Netanyahu all’Onu, andate via” con il Fatto Quotidiano che sottolinea “Israele invade base Onu e spara sulla Croce Rossa” e il Messaggero sottolinea come questa irruzione “nella base Unifil provoca il gelo tra Meloni e Netanyahu”.
NESSUN ERRORE, NETANYAHU NON VUOLE OSTACOLI ALLA SUA GUERRA
Come scrive l’inviato del Corriere della Sera Andrea Nicastro “Se qualcuno aveva dubbi sugli «incidenti» tra caschi blu dell’Unifil e soldati dell’esercito regolare israeliano, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha chiarito la questione una volta per sempre”. Non erano errori, infatti. Basta vedere il tono con cui si è rivolto al segretario generale dell’Onu António Guterres. «È tempo per voi di ritirare l’Unifil dalle roccaforti di Hezbollah e dalle aree di combattimento. Il vostro rifiuto di evacuare i soldati Unifil li rende ostaggi di Hezbollah. Ciò mette in pericolo sia loro sia i nostri soldati». In una parola: andatevene. “Un po’ come Israele fa da un anno a Gaza con milioni di civili – ricorda Nicastro – come ha cominciato a fare anche nel Sud del Libano, ora lancia avvisi di sfratto urgente anche ai soldati di pace internazionali. Niente può interferire con le attività militari dell’Idf e chiunque sia nell’area da «ripulire di terroristi» diventa automaticamente uno scudo umano.
GELO TRA MELONI E IL PREMIER ISRAELIANO
E’ chiaro che questa posizione non può reggere. Se ne è accorta anche Giorgia Meloni (in verità il primo ad alzare il tiro contro la linea israeliano è stato il ministro della difesa Guido Crosetto) che, come raccontano i quotidiani ha avuto una telefonata con Netanyahu. Una conversazione che viene definita «franca», da parte di entrambi: la presidente del Consiglio – come riportato da una nota di Palazzo Chigi – ha «ribadito l’inaccettabilità che Unifil sia stata attaccata dalle forze armate israeliane, ricordando come agisca su mandato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per contribuire alla stabilità regionale». Insomma come titola il Giornale quello che vorrebbe il nostro premier è una “de-escalation” anche perché il nostro contingente non può abbandonare il territorio, lo dice Andrea Margelletti intervistato sempre dal quotidiano di Alessandro Sallusti: “L’Italia resti in Libano e l’Europa alzi la voce”.
PORTOLANO: “NESSUN RITIRO DEI CASCHI BLU”
Che la situazione sia al limite del “non ritorno” è chiaro a tutti. Quello che sta commettendo Israele davanti agli occhi del mondo viola il diritto internazionale. Lo ribadisce in un’intervista a Repubblica il capo di stato maggiore Luciano Portolano “Il tentativo israeliano di far ritirare i caschi blu va contro una risoluzione accettata anche dal governo dallo Stato ebraico”. E come se non bastasse nell’intervista sottolinea: “le decisioni sul contingente Unifil le prenderà solo l’Onu: non ci possono essere scelte unilaterali, né tantomeno quelle imposte da Israele”. Come a dire chiedere il ritiro dei caschi blu è impossibile, anzi è l’unico baluardo dell’Occidente li in un territorio martoriato.
ADESSO LA CONDANNA DEVE ARRIVARE DAGLI STATI UNITI
Non solo. Un’altra intervista, questa volta sul Fatto quotidiano è degna di nota. L’ha fatta Alessia Grossi a Giuseppe Cassini, nostro ambasciatore in Libano a cavallo degli Anni 2000 e che conosce bene le basi Unifil. Per fermare Israele dice “sono urgenti due misure: convocare una riunione del Consiglio di sicurezza per ordinare agli israeliani di fermarsi, senza veto dagli Usa. E potenziare la risoluzione 1701 del 2006 ordinando a Hezbollah di ritirare le armi al di là di fiume Litani”. Ma, c’è un ma. “Entrambe le cose devono essere fatte a New York, ma gli Usa sono alla vigilia delle elezioni potrebbero non farlo. Così resterà però nella storia che le potenze dell’Onu non hanno fatto nulla per fermare Netanyahu”.