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Il mondo trema e la nostra politica sale sul “ring” delle polemiche

Mentre tutto il mondo aspetta la possibile reazione dell’Iran verso Israele e Stati Uniti e Russia si scambiano prigionieri e spie, la politica italiana è concentrata sulla boxe e sul ritiro lampo alle Olimpiadi della nostra atleta per un incontro impari contro la pugile algerina

I nostri quotidiani oggi si dividono nelle aperture tra lo scambio dei prigionieri tra Stati Uniti e Russia, come ad esempio fa il Corriere della Sera, e l’abbandono del ring della nostra atleta Angela Caridi dopo appena 46 secondi di match contro l’algerina Imane Khelif, come ad esempio fanno Repubblica “Giochi, il ko dei diritti” e la Stampa: “La politica sale sul ring”. Certo, a far diventare un incontro di pugilato un “caso politico” ci ha pensato Giorgia Meloni con le sue dichiarazioni “dal mio punto di vista non era una gara ad armi pari” alimentando la polemica e le divisioni tra chi ha visto nell’incontro il manifestarsi della teoria gender – che tutto stravolgerebbe – e chi invece punta il dito sui diritti, di tutti, non solo di una parte.

LA DESTRA ALIMENTA IL CASO E LA STAMPA SI DIVIDE

A rivoltarsi contro la presenza della pugile algerina è stata soprattutto la destra, racconta nella sua cronaca Dario Ceccarelli sul quotidiano torinese, che già prima del match ha buttato al centro della questione l’identità sessuale dell’algerina. “A breve intersex algerina contro pugile italiana… io tifo per l’italiana, per chi tifa la Cirinnà” aveva infatti scritto il presidente del Senato, Ignazio La Russa in vista dell’incontro, prendendo di mira la responsabile dell’omonima legge sulle Unioni civili, prima di invitare la nostra atleta a Palazzo Madama.  “Non occorrono test medici per intuire che uno dei due pugili partiva in condizioni diverse rispetto all’altra” ha commentato Matteo Salvini come riportato dal Messaggero. E, dunque, così un momento di sport è diventata l’ennesima occasione per far polemica con i quotidiani, anche questi, divisi l’uno dall’altro anche nel merito.

A FINIRE KO SONO I DIRITTI O LO SPORT?

Già perché se per la stampa che è più vicina alle posizioni del governo i fatti sono abbastanza chiari e lineari, non tutti la pensano allo stesso modo. Allora il Giornale di Alessandro Sallustri può titolare “Giochi sporchi, un pugno alle donne” seguito da la Verità di Maurizio Belpietro che titola: “perde l’italiana, vince la realtà” mentre altri quotidiani spostano l’accento sul tema dei diritti più che sulla “prestanza fisica” dell’atleta algerina. E’ la scelta, ad esempio di Repubblica che parla di come siano i diritti ad essere finiti a tappeto e lo fa affidando l’editoriale a Chiara Valerio. “Mi chiedo se questa polemica sarebbe scoppiata se Imane Khelif avesse gareggiato nella ginnastica ritmica, storicamente una disciplina a maggioranza femminile – annota la scrittrice – Forse a quel punto i commenti sarebbero stati sulla mancanza di grazia. I commenti del governo sulla vicenda Carini/Khefil danno ancora una volta la misura precisa di una mancanza di immaginazione politica e del poco rispetto per le regole degli altri, un governo impelagato pretestuosamente su violenza e identità di genere che si rivolge alla biologia, alla scienza in genere, quando fa comodo. E poi, il pianto non c’entra, tutti piangiamo. Gli eroi greci, le atlete che decidono di ritirarsi dal combattimento, tutti”.

LE DONNE CHE DICONO? IL POLITICAMENTE CORRETTO FINITO AL TAPPETO

Di certo il tema è divisivo, prettamente ideologico, da qualsiasi punto di vista lo si prenda. Lo scrive bene sul Foglio, Anna Paola Concia: “per parlare di queste due atlete bisogna lasciare fuori la politica e la ideologia polarizzante, che tanto piace a tutti, purtroppo”. Cosa fare, quindi? “Bisogna che si mettano al lavoro in modo serio gli esperti del Cio, liberandosi dai condizionamenti legati ai concetti di inclusione/esclusione, tanto amati dalla politica. Ma non si tratta solo di questo. Si tratta di capire che nello sport non si prescinde dai corpi, mai, è questo quello che ci affascina, che fa stare attaccati alle performance di atlete e atleti (che gareggiano separati) nelle olimpiadi nei secoli dei secoli. E si tratta di capire che le prime a non dover chiudere gli occhi di fronte a un caso come quello di Imane Khelif sono proprio le donne, che più di tutte oggi dovrebbero comprendere cosa vuol dire mettere la difesa del politicamente corretto su un piedistallo più alto rispetto alla difesa del corpo delle donne quando si parla di sport”.

 

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