Secondo Marcello Veneziani, scrittore e giornalista di destra, il ‘quartier generale’ starebbe “confezionando un pacco” a Giorgia Meloni e al suo governo
Se è “un’insolazione estiva” o “un delirio d’agosto” non si sa. Sta di fatto che a pochi giorni dalla pausa estiva Marcello Veneziani, scrittore e giornalista cultore della destra italiana, sgancia su La Verità una bombetta: “se sono veri alcuni indizi, alcuni retroscena, alcuni segnali degli ultimi giorni, il Quartier Generale sta confezionando un pacco per Giorgia Meloni e il suo governo”. Una tesi che ha tutta l’aria di voler stanare queste trame e che fa il paio con l’editoriale del direttore del Secolo d’Italia Antonio Rapisarda: “L’idea del Palazzo: la ‘spallatina’ di Elly”.
COS’E’ IL ‘QUARTIER GENERALE’ SECONDO VENEZIANI
Tornando a Veneziani, cosa si intende per ‘Quartier Generale’? Il giornalista fa riferimento, spiega, al “potere sovrastante ai governi nazionali, quello che decide in ultima istanza e corregge, laddove è possibile, gli esiti elettorali e l’agire politico. E un potere che genericamente definiamo tecnocratico o meglio buro-tecnocratico ma di fatto cammina su due zampe: quella economico-finanziaria e quella militare, che con qualche approssimazione possiamo ricondurre al Mercato, tramite la Banca centrale europea, e all’apparato militare della Nato e al Patto atlantico”.
IN COSA CONSISTE IL ‘PACCO’ CHE STAREBBERO CONFEZIONANDO A GIORGIA MELONI
Cosa prevede questo pacco che starebbero confezionando per Giorgia Meloni? Per Veneziani sarebbe “qualcosa come una staffetta a Palazzo Chigi. Sì, staffetta è il termine giusto e non solo perché siamo in tempi d’Olimpiadi. Chi corre nella staffetta non può andarsene per conto suo, deve seguire il percorso prestabilito e consegnare il testimone al successore. Dopo una crisi, sul tipo di quelle provocate dallo spread, già accadute in Italia e altrove, ci sarebbe un cambio della guardia a Palazzo Chigi. Esce Meloni entra Schlein, con larghe alleanze e ampi sostegni, regia politica di Matteo Renzi nel ruolo ormai consolidato di malefico scazzamuriello; ma regia transpolitica di Autori Vari del Quartier Generale, più concorso esterno di collaudate figure jolly e faccendieri nostrani. Pressioni in questo senso raggiungerebbero pure Forza Italia e il mite Tajani”.
QUALI SAREBBERO LE RISERVE DEL ‘QUARTIER GENERALE’ SUL GOVERNO MELONI?
“Si potrebbe dire – argomenta Veneziani su La Verità – che nonostante le numerose prove di lealtà e di adesione al Quartier Generale, sussistono sulla Meloni riserve, accresciute dal mancato sostegno all’elezione di Ursula von der Leyen, lo scontro per il controllo del comando Nato nel sud Europa, le visite a Roma da Mattarella e i vertici parigini appena la Meloni è volata a Pechino; la sua amicizia malvista con Marine LePen e con Orbán, i suoi tentativi di una politica estera relativamente autonoma, da ultimo con il viaggio in Cina. E soprattutto il timore che l’Italia meloniana-salviniana possa diventare domani la sponda euro-mediterranea di Trump, bestia nera dell’establishment.
In realtà – si legge su La Verità – dietro le ragioni contingenti c’è un nodo strutturale: i governi nazionali, quando non possono essere affidati direttamente al personale della Casa – tecnici, maggiordomi o affini – devono allinearsi nelle scelte di fondo, e non possono pretendere di sottrarsi ai cicli sempre più brevi di durata loro consentita, per evitare che con la permanenza lunga al governo azzardino una parvenza di sovranità nazionale, politica e popolare e di autonomia decisionale. Il ciclo previsto da tempo non supera il triennio. Fatti questo mezzo giro ma poi devi riportare la staffetta qui. Brevi governi di passaggio, in modo che ben si comprenda quali sono i poteri veri e permanenti e quelli fittizi e transitori, e ben si rispecchino gli interessi forti (economici, finanziari, militari, geo-strategici) rispetto a quelli labili collegati al consenso, gli umori, le retoriche identitarie”.
“IN CORSO L’INVESTITURA POLITICO-MEDIATICA DI ELLY SCHLEIN”
Veneziani nota come “da qualche tempo, dopo un anno di prove, scetticismo e incredulità, è in corso una specie di investitura politico-mediatica di Elly Schlein. Lo si capisce da troppi indizi; è trattata da prossima premier, le hanno dato il numeretto e aspetta il turno. (…) Così ora si prepara il turno della Schlein, e ci sono già le tifoserie mobilitate, i marchettifici pronti a narrare il cammino dell’astro nascente, riconoscerle uno spessore politica prima negato e lanciare la svolta.
Ma è ben chiaro che eccettuata la fuffa, che riassunsi sin dall’inizio in «gay, migranti e Bella ciao», la politica richiesta alla Schlein non è né più né meno di quella che si pretende dalla Meloni: in politica estera, nelle alleanze, nelle scelte economiche, civili e militari. La stessa di Draghi, e di Conte. (…) La loro speranza è che arrivi la Harris, Amala col K, alla Casa Bianca. Ma se arriva Trump, si complicano le cose. Intanto – conclude lo scrittore e giornalista – la prospettiva serve per minacciare la Meloni e farla rientrare nei ranghi; e dare più spazio di manovra a Tajani e ai centristi rispetto a Salvini (Intanto Crosetto è sull’attenti, in tuta mimetica, pronto per la guerra). L’Italia si attrezza di nuovo a portaerei della Nato in vista di imprese belliche e il Mediterraneo si conferma acqua di colonia”.