Sulla libertà di informazione forte scontro politico-mediatico con pesanti accuse anche tra le varie testate giornalistiche
E’ il big bang dell’informazione? Tutti contro tutti. Una scazzottata così, sull’altare della libertà di informazione, non si vedeva da anni. La premier italiana che attacca alcuni giornali, le opposizioni che replicano, giornalisti contro giornalisti, direttori, cdr, sindacati.. di tutto di più.
Il terreno di scontro continua a essere il rapporto sullo stato di diritto e dei media in Ue, pubblicato nei giorni scorsi e usato come una clava dalle opposizioni contro il governo Meloni. La stessa premier, dalla Cina in missione istituzionale, aveva inviato nei giorni scorsi una lettera alla presidente von der Leyen che “non è una risposta alla Commissione europea o a un momento di frizione con la Commissione europea” ha tenuto a precisare questa mattina Meloni nel corso di un punto con la stampa italiana a Pechino, ma “una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l’obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione Europea”.
E di chi sarebbero allora questi accenti critici? Qui la presidente del Consiglio fa ‘nomi e cognomi’: nel rapporto “la Commissione europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica… “. Apriti cielo. A queste parole si lega poi l’articolo pubblicato sul Giornale, della famiglia Angelucci, a firma Domenico Di Sanzo, nel quale – anche in questo caso – si fanno ‘nomi e cognomi di coloro che “hanno partecipato al lavoro che dipinge una svolta autoritaria del governo italiano nel rapporto con i media: ci sono una serie di firme note per l’ostilità contro l’esecutivo di Giorgia Meloni”. Le accuse della premier unite a quelle del Giornale hanno rappresentato una combo micidiale, la miccia che ha fatto deflagrare la pesante polemica odierna.
IL GIORNALE: I GIORNALISTI ANTI MELONI DIETRO IL REPORT EUROPEO
“Nuovo giro, altro report. Stavolta a bacchettare l’Italia sotto il profilo della libertà di informazione – scrive Di Sanzo sul Giornale – è un documento firmato dal consorzio Media Freedom Rapid Response, cofinanziato dall’Unione Europea. Con la partnership, tra gli altri, della Federazione Europea dei giornalisti (Efj). La stessa organizzazione guidata da quel Ricardo Gutierrez che, dopo la pubblicazione del rapporto europeo sullo Stato di diritto, aveva gridato alla deriva illiberale dell’Italia, chiedendo a Bruxelles di avviare una procedura di infrazione contro Roma. Nella «missione» del consorzio europeo, realizzata tra il 16 e il 17 maggio scorsi, si ripercorrono gli stessi rilievi del recente rapporto Ue.
Dalle querele temerarie ai presunti tentativi di «censurare» la Rai. Solo che stavolta c’è di più. Alla stesura dell’atto di accusa di 26 pagine hanno collaborato, in qualità di stakeholders, alcuni giornalisti italiani. E fin qui nulla di troppo di strano. Se non fosse che tra i cronisti che hanno partecipato al lavoro che dipinge una svolta autoritaria del governo italiano nel rapporto con i media, ci sono una serie di firme note per l’ostilità contro l’esecutivo di Giorgia Meloni. Giornalisti che lavorano per testate vicine all’opposizione come La Repubblica, La Stampa, Radio Popolare, Il Fatto Quotidiano, Domani di Carlo De Benedetti.
Ma, tornando ai giornalisti, spicca Ilario Lombardo de La Stampa, protagonista di più di un battibecco con Meloni durante conferenze stampa e punti stampa della premier con i cronisti al suo seguito. Lo stesso quotidiano torinese del Gruppo Gedi che prontamente ha pubblicato un articolo in cui si dà conto del report europeo. «Il rapporto di Media Freedom: con il governo Meloni la libertà di stampa è a rischio», il titolo del pezzo pubblicato ieri sulla versione online de La Stampa. Ma fanno di più La Repubblica e Il Fatto Quotidiano. I due giornali, infatti, affidano il resoconto sul rapporto che parla di libertà di stampa a rischio agli stessi giornalisti che hanno collaborato al lavoro di Media Freedom Rapid Response. «Il report europeo sulla libertà di stampa boccia ancora l’Italia», il titolo del sito di Repubblica.
A curare il pezzo è Matteo Pucciarelli. Nome che appare anche in calce al report in qualità di stakeholder. Identica operazione fa Il Fatto. Martina Castigliani scrive l’articolo sul documento anti-Meloni e compare anche tra chi ha collaborato al report-denuncia. Uguale Domani. Francesca De Benedetti si occupa per il suo giornale della missione del Media Freedom Rapid Response e figura tra i giornalisti coinvolti nell’iniziativa. Cognome evocativo, il suo, ma nulla più. A completare il quadro Anna Bredice di Radio Popolare e Nello Trocchia (foto), inviato di Domani. Casa e bottega” conclude l’articolo.
IL DIRETTORE DE LA STAMPA: “LE LISTE DI PROSCRIZIONE E LA LIBERTA’ DI INFORMAZIONE”
“Ci siamo abituati – è la risposta in un corsivo sull’edizione online di Andrea Malaguti, direttore de La Stampa – alle aggressioni quotidiane di testate piene di bulli o più banalmente schiave della propria visione micragnosa da Torquemada del nulla. Sono patetiche. Strumentali. Violente. Sostanzialmente indegne. Per questo tendiamo a non rispondere. Ognuno ha il suo stile e i suoi valori. Nella gara a rotolarsi nel fango è peraltro inutile competere con i campioni mondiali. Vincono sempre loro. Questa volta però è stato attraversato un confine invalicabile. È stato preso di mira con nome e cognome un collega, Ilario Lombardo, che non solo è uno straordinario professionista, ma è anche una persona profondamente perbene.
Un giornale (la g è inevitabilmente minuscola) ha deciso di mettere il suo nome, e dunque di farne un bersaglio, all’interno di una delirante lista di proscrizione di supposti nemici di Giorgia Meloni, dimostrando con chiarezza uno dei motivi per cui l’Europa esprime preoccupazione sullo stato dell’informazione nel nostro Paese.
La Stampa, a dispetto degli sforzi del circo sempre uguale a sé stesso dei piccoli mestatori, non è vicina né alla maggioranza né all’opposizione. Non ha nemici a prescindere. È amica della serietà e della bellezza di un mestiere che onora grazie alla qualità di giornalisti indipendenti e alla collaborazione e alle sensibilità molto diverse di alcuni tra gli intellettuali, gli scrittori, i politologi, gli economisti, i sociologi e gli opinionisti più prestigiosi d’Italia. E di sicuro non si fa intimidire da questo teppismo da hooligans”.
FITTIPALDI (DOMANI): “DA MELONI PAROLE PERICOLOSE, SCEGLIE IL VITTIMISMO”
“Quelle della premier Giorgia Meloni contro i quotidiani Domani, Fatto Quotidiano e Repubblica sono “parole gravi, false e soprattutto pericolose”. A sottolinearlo è il direttore del Domani, Emiliano Fittipaldi, in un editoriale, sottolineando che a quelle frasi “sono seguiti a ruota articoli da parte dei giornali di destra e sedicenti fogli liberali, che hanno fatto una sorta di lista di proscrizione dei colleghi (come i nostri Francesca De Benedetti e Nello Trocchia) ‘colpevoli’ di aver interloquito con gli osservatori di Media Freedom, che banalmente hanno cercato di capire dai diretti interessati l’origine di attacchi legali da parte di membri dell’esecutivo. Attacchi che – spiega Media Freedom – hanno portato ‘a un declino della libertà di stampa negli ultimi due anni’. Per la cronaca, nessun membro del governo – nonostante richieste e sollecitazioni – ha voluto incontrare gli emissari europei”.
“Meloni, invece di entrare nel merito della gestione della Rai e relative censure e propagande, invece di spiegare come mai inchieste e articoli vengono sistematicamente querelati da ministri e sottosegretari (con le procure della Repubblica che – su indicazioni del potere politico – lavorano addirittura a individuare le fonti dei giornalisti, che per il Media Freedom Act dovrebbero essere protette dalle autorità nazionali), ha scelto la sua arma preferita: quella del vittimismo – aggiunge Fittipaldi -. Provando, per l’ennesima volta, a delegittimare chi continua a fare il proprio dovere e che non accetta l’appeasement che Palazzo Chigi, evidentemente, si aspetta dal quarto potere. Definire Domani e le altre due testate ‘portatori d’interesse’ serve esattamente a questo: screditare chi prova a fare informazione libera, facendo credere alla pubblica opinione che le notizie su uno dei peggiori governi della nostra repubblica non siano frutto di attività autonoma, ma che la critica sia sottomessa a chissà quali interessi opachi. Certamente di parte”.
“La cappa calata sui media nazionali è invece realtà evidente a chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale – sottolinea ancora Fittipaldi -. Ci si aspetterebbe da un capo di governo maggiore responsabilità di fronte alle critiche di Bruxelles, soprattutto dopo quanto accaduto con l’aggressione al cronista della Stampa Joly da parte di Casa Pound e le demenziali parole del presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha attaccato il comportamento del reporter massacrato dai fascisti. Ahi noi Meloni ha scelto invece la strada del complottismo, fregandosene altamente anche del monito di Mattarella. Ai nostri lettori promettiamo solo una cosa: di continuare a fare il nostro lavoro. Perché è vero che siamo portatori di interesse. Ma di uno solo: il loro”.
LA NOTA DEL CDR DEL FATTO QUOTIDIANO
Di “liste di proscrizione” parla anche il cdr del Fatto quotidiano. “Siamo arrivati alle liste di proscrizione, oltretutto tagliandole su misura ai propri interessi. Senza rendersi conto di confermare esattamente il contenuto del rapporto Ue sullo stato di diritto e del report del consorzio europeo Media Freedom Rapid Response, due testi che strumentalmente qualcuno ha finito perfino per rappresentare come uno solo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni da una parte e la stampa più vicina al governo dall’altra mettono all’indice Il Fatto Quotidiano e la collega Martina Castigliani e altri tre giornaliste e giornalisti, bollandoli come “anti-Meloni”.
Un modus operandi che, ancora una volta, richiama periodi storici dai quali diversi esponenti di governo, con grandi difficoltà e diversi tentennamenti, dicono di prendere le distanze e considerano morti e sepolti, lasciandosi poi spesso andare a fastidiosi rigurgiti. Si rassegnino: le redazioni de Il Fatto Quotidiano e de Ilfattoquotidiano.it continueranno a svolgere il proprio mestiere scrivendo ciò che ritengono sia loro diritto e dovere raccontare.
Vale solo la pena ricordare due cose semplici. Alla presidente del Consiglio che ha attaccato la nostra testata bollandola come “stakeholder”: perseguiamo un solo e unico interesse, informare i lettori. Ai media che questa mattina hanno dedicato ampio spazio alla collega, alle altre giornaliste e agli altri giornalisti: hanno partecipato a un semplice incontro con il consorzio europeo Media Freedom Rapid Response, così trasparente che i loro nomi sono pubblicati nello stesso report. Sarebbe bastato leggere l’intero rapporto – e riportarlo correttamente – per rendersi conto di quanto non ci siano i “giornalisti anti-Meloni dietro il report Europeo”. Oltre agli 11 cronisti di altrettante testate, infatti, sono stati ascoltati altri 26 rappresentanti istituzionali, compresi ben 6 membri dell’Agcom.
Senza considerare che, ancor prima di stilare il rapporto, Media Freedom Rapid Response – di cui fa parte anche la Federazione europea dei giornalisti, quindi l’Ordine – aveva fatto presente di aver ricevuto un rifiuto da parte di esponenti del governo agli incontri richiesti. Tra loro, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo vice Francesco Paolo Sisto, il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini e la presidente della commissione Giustizia in Senato Giulia Bongiorno. Sottrarsi al confronto per poi attaccare chi esercita il diritto di critica è ormai una cifra di questa maggioranza: una scelta che non ha fermato né fermerà mai il diritto-dovere dei giornalisti di raccontare e denunciare. Alla collega Martina Castigliani, alle altre giornaliste e giornalisti finiti nel mirino per aver svolto in totale trasparenza il loro lavoro va la nostra solidarietà.
CDR REPUBBLICA: MINACCE E SQUADRISMO MEDIATICO
“Per l’ennesima volta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni decide di prendere di mira Repubblica e lo stesso fanno, in maniera splendidamente coordinata, i giornali che sostengono il governo di destra, da Libero al Giornale (il cui proprietario è un parlamentare eletto tra le fila della destra). Testate che a loro volta personalizzano ulteriormente attaccando un nostro collega, nonché rappresentante sindacale. I report internazionali sullo stato di salute della libertà di stampa in Italia parlano chiaro: la situazione è critica e il livello di intimidazione è alto. Nulla di cui stupirsi quando il governo è guidato da forze politiche che non hanno rinnegato una cultura politica che si è sempre basata sulla soppressione del dissenso e della negazione delle libertà, in primis quelle sindacali e di stampa”. Lo scrive in una nota, pubblicata sul sito del quotidiano, il Cdr di Repubblica.
“Repubblica ha però una sua chiara storia e identità, diametralmente e orgogliosamente opposte a quelle della premier e del suo partito – prosegue la nota -. Tutto è dichiarato, in piena trasparenza, sin dal primo editoriale del 1976 del fondatore Eugenio Scalfari. Nel nostro modo di fare giornalismo sosteniamo i valori della sinistra, quindi dell’antifascismo, dell’uguaglianza, dell’avanzamento dei diritti sociali e civili per tutte e per tutti. Minacce e azioni coordinate da squadrismo mediatico non ci spaventano né ci faranno arretrare di un millimetro: i potenti passano, il giornalismo resta”.
IL CDR DELL’AGI CHIAMA IN CAUSA ANCHE ANGELUCCI
Il Cdr dell’AGI esprime solidarietà al collega del Cdr de La Repubblica e ai colleghi degli altri quotidiani catalogati come giornalisti anti-Meloni da giornali riconducibili all’area dell’attuale maggioranza: la loro “colpa” sarebbe quella di aver ispirato il report del consorzio Media freedom rapid response, che non fa altro che ribadire le legittime e fondate preoccupazioni per la precaria salute della liberta’ di informazione nel nostro Paese. Il ricorso a quelle che hanno tutta l’aria di ‘liste di proscrizione’ e’ di per se’ inaccettabile; il fatto che a proporre queste liste sia in primis un giornale di proprieta’ del gruppo Angelucci, non e’ altro che la rappresentazione plastica dei rischi cui andrebbe incontro un’agenzia come la nostra, fonte di informazione primaria, per definizione autonoma e indipendente, se finisse nelle mani del titolare di quel gruppo, parlamentare di un partito della maggioranza di governo.