L’Italia si posiziona nella fascia di medio rischio con riferimento all’indipendenza dei media in generale, mentre ‘alto rischio’ quando si parla di Rai
Sull’indipendenza politica dei media in generale, l’Italia ottiene un punteggio del 52%, situandosi all’interno della fascia di medio rischio. E’ quanto emerso dal Media Pluralism Monitor, lo strumento di ricerca progettato dal Centro per il pluralismo e la libertà nei media per individuare i rischi potenziali nell’informazione nell’Ue. Un rapporto – diffuso dalla presidente Barbara Floridia in Commissione di Vigilanza – che ha subito scatenato le inevitabili polemiche politiche.
“SALVAGUARDARE INDIPENDENZA POLITICA DEI MEDIA”
“Salvaguardare l’indipendenza politica dei media è una preoccupazione urgente, data la presenza di un controllo politico diretto o indiretto sui principali organi di informazione – si legge nel rapporto -. I rischi per l’autonomia editoriale derivano da fragili garanzie regolatorie, che consentono interferenze nelle nomine editoriali”. Il rapporto invita, dunque a: “Introdurre una legislazione per limitare significativamente l’intreccio tra potere politico e organi di informazione o agenzie di stampa. Adottare una riforma della legislazione sui conflitti di interesse che stabilisca una disciplina unitaria applicabile alle posizioni governative a tutti i livelli”.
IL PUNTO SULLE QUERELE TEMERARIE
Nell’area della Tutela dei diritti fondamentali, l’Italia registra un punteggio di rischio medio pari al 34%, che indica un’aderenza ai prerequisiti legali di base per la libertà e il pluralismo dei media. “Tuttavia, rispetto al precedente rapporto, il livello di rischio è aumentato”, si spiega, registrando “segnali preoccupanti riguardanti le condizioni dei giornalisti e la possibilità che siano soggetti a pressioni e minacce. Le riforme legislative in materia di diffamazione e di garanzie contro le SLAPP (c.d. querele temerarie), rimaste in sospeso, contribuiscono a questo rischio, aggravato dall’aumento dei procedimenti penali e civili contro i giornalisti, anche da parte di membri del governo”.
LEGGERO MIGLIORAMENTO NEL PLURALISMO DI MERCATO. POCHE DONNE AI VERTICI EDITORIALI
Il pluralismo di mercato rimane a un rischio medio del 61%, con un leggero miglioramento. Tuttavia, la sostenibilità dei media permane a un livello di rischio elevato, accompagnandosi a preoccupazioni per la concentrazione sia nella fornitura di contenuti che nel panorama dei media digitali.
Nell’area della Inclusione sociale si registra un rischio medio (54%). L’uguaglianza di genere nei media si conferma quale l’indicatore più problematico e riflette una sotto rappresentazione “grave, sistematica e ingiustificata del genere femminile nella governance delle aziende editoriali, nei vertici degli organi di stampa e anche nella partecipazione a programmi di informazione e politica”. L’indicatore Alfabetizzazione Mediatica rimane invariato e si attesta a un livello di rischio elevato: non ci sono stati cambiamenti sostanziali rispetto all’anno precedente, confermando la mancanza di una strategia nazionale efficace.
IL CASO ANGELUCCI
In Italia – si legge sul dossier – “il parlamentare Antonio Angelucci controlla indirettamente un polo di destra composto dai giornali Libero, Il Tempo e Il Giornale, quest’ultimo acquisito dalla famiglia Berlusconi nel 2023. All’inizio del 2024 è emersa la notizia del suo progetto di acquisire una delle aziende leader agenzie di stampa italiane, AGI. Per quanto riguarda il settore televisivo e radiofonico, il rischio sembra esserci persistere nonostante l’uscita di Berlusconi nel 2023 (Vigevani et al., 2024).
RAI, RISCHIO ELEVATO SULL’INDIPENDENZA DEL SERVIZIO PUBBLICO
“L’indipendenza del Servizio pubblico radiotelevisivo rimane, in modo allarmante, a un livello di rischio elevato”. Nel report – come riferisce l’Ansa – si evidenzia che “persistono preoccupazioni sulla governance della Rai, le cui nomine dirigenziali sono contraddistinte da una forte influenza governativa e dalla spartizione politica. La nuova maggioranza ha esplicitamente cercato un maggiore controllo sulla Rai, sostenendo la necessità di una televisione pubblica allineata con i vincitori delle elezioni. Durante il 2023 sono state effettuate numerose nomine che riflettono il mutato panorama politico dopo le elezioni: tra queste, il nuovo amministratore delegato Roberto Sergio e i nuovi direttori dei Tg1 e Tg2. La nuova maggioranza politica ha cercato di ampliare significativamente la propria influenza e, di conseguenza, si è verificata la fuoriuscita di noti giornalisti e conduttori Rai, quali Fabio Fazio e Lucia Annunziata. Questi eventi sottolineano l’imperativo di riforme sostanziali”.
“ATTUARE IL MEDIA FREEDOM ACT”
Viene sottolineato come “la principale fonte di finanziamento continua ad essere il canone Rai. La Legge di Bilancio 2024 ha ridotto il canone per uso privato da 90 a 70 euro, sollevando ulteriori interrogativi sull’adeguatezza del finanziamento pubblico e sull’indipendenza della Rai”. Il rapporto raccomanda quindi di “procedere immediatamente con l’attuazione Regolamento europeo sulla libertà dei media”.
“NEL NUOVO CDA RAI GARANTIRE L’INDIPENDENZA”
E in particolare di: “Modificare la legislazione italiana riguardante la nomina e la revoca dei membri del consiglio di amministrazione e dell’amministratore delegato della RAI, garantendo che le procedure mirino a garantirne l’indipendenza. Provvedere, a partire dal prossimo rinnovo del consiglio di amministrazione della Rai nel 2024, affinché il consiglio venga nominato sulla base di procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e sulla base di criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati. Prevedere che la durata del mandato dei consiglieri dovrà essere di almeno cinque anni, sufficiente per l’effettiva indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo. Garantire che la Rai disponga di risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili, corrispondenti al compimento del suo mandato di servizio pubblico e alla sua capacità di sviluppo”.
CHI HA FIRMATO IL REPORT E COSA C’ENTRA LA RIFORMA RENZI
Il dossier è stato curato tra gli altri dai professori Giulio Vigevano, Gianpietro Mazzoleni, Nicola Canzian e Marco Cecili. Come fa notare Libero, in testa ai prof c’è “Giulio Enea Vigevani dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, l’avvocato costituzionalista che ha illustrato il ricorso di Rizzo Nervo per bloccare le nuove nomine del cda Rai. Si tratta, è bene saperlo, dello stesso prof che fu nel 2016 tra i principali fan delle riforme costituzionali di Renzi, ovvero il premier autore delle norme sulla Rai contro le quali la Floridia si scaglia”.
LA ‘PISTOLA FUMANTE’ MA SCARICA, SECONDO LIBERO
Un report che tra le argomentazioni dirimenti (…) aggiunge anche, un succosissimo (si fa per dire) particolare in più. La pistola fumante, prova provata del calo netto della “qualità, dell’autorevolezza dei media di servizio pubblico e del pluralismo dell’informazione fortemente peggiorato”, sarebbe infatti legata più di tutto a un evento avvenuto nel 2024 ma imprescindibile per capire quanto sia sceso il livello di democrazia in Italia: la presunta censura subita da Ghali e Mara Venier a causa dello “stop al genocidio” ripetuto ben due volte in due giorni diversi e senza alcuna voce in opposizione dal cantante sul palco dell’Ariston. Se questa non è un’idea marziana di pluralismo, viene da chiedersi in effetti cosa sia il pluralismo secondo la sinistra e i suoi accademici amici, pagati sì dall’Unione Europea che tuttavia non sono propriamente l’Unione Europea”.
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