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Balneari, cosa cambia dopo la sentenza sugli espropri della Corte di giustizia Ue

Il settore dei balneari scosso dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che apre all’esproprio di strutture non amovibili in caso di cessazione delle concessioni 

Gli stabilimenti balneari possono essere espropriati. La Corte di giustizia dell’Ue ha emesso una sentenza che rischia di innescare uno tsunami nel settore dei balneari.

COSA DICE LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE

Il pronunciamento 597 dell’11 luglio 2024, che nel merito ha valutato il procedimento della Società Italiana Imprese Balneari Srl contro Comune di Rosignano Marittimo, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia del demanio – Direzione regionale Toscana e Umbria e Regione Toscana, ha decretato che lo Stato, al termine della concessione balneare, può legittimamente espropriare tutto ciò che è stato costruito dalle società che hanno ricevuto la gestione del suolo pubblico. Di più, confermando quanto previsto dalle normative italiane in merito, l’esproprio avviene “gratuitamente e senza indennizzo” sulle opere non amovibili realizzate nell’area.

SE LA CONCESSIONE BALNEARE SCADE E NON VIENE RINNOVATA LO STATO PUÒ ESPROPRIARE LE OPERE INAMOVIBILI

La corte di Lussemburgo non ha deciso nel merito ma ha verificato l’aderenza della normativa italiana all’impianto legislativo europeo e, in particolare, all’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che norma il diritto di stabilimento. “Il Consiglio di Stato evidenzia che l’articolo 49 del codice della navigazione viene interpretato – scrive la Corte – nel senso che l’acquisizione dei beni da parte dello Stato si produce automaticamente alla scadenza della concessione, anche in caso di rinnovo di quest’ultima, dal momento che tale rinnovo determina un’interruzione della continuità tra i titoli di occupazione del demanio pubblico”.

IL DEMANIO RESTA DI PROPRIETÀ DELLO STATO

Inoltre, il codice della navigazione in vigore nel nostro paese prevede quando la concessione balneare scade, se non viene rinnovata, “le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”. Tali regole si applicano a tutti i soggetti che si gestiscono il demanio pubblico. “Il principio di inalienabilità – scrive la Corte nella sua sentenza – implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario”.

LE ASSOCIAZIONI BALNEARI CHIAMANO IN CAUSA IL GOVERNO PER TROVARE UN COMPROMESSO

Immediata la replica delle organizzazioni dei balneari. Assobalneari Italia, l’associazione aderente a Federturismo Confindustria, e La Base Balneare con Donnedamare chiamano in causa il Governo Meloni, ricordando l’impegno di FdI e dell’attuale esecutivo nei confronti del settore.

Le associazioni, in una nota, hanno sottolineato come il comparto dei balneari sia “un’eccellenza del Made in Italy che dà lavoro a 300 mila addetti” e chiesto “una riflessione più approfondita” e “interventi normativi adeguati a mitigare gli effetti negativi di questa decisione”. L’obiettivo, secondo la categoria, è garantire un equilibrio tra gli interessi pubblici e quelli degli operatori economici, salvaguardando i diritti di proprietà e promuovendo un ambiente favorevole agli investimenti.

”La sentenza odierna mette a rischio la libertà d’impresa nel contesto giuridico dell’Unione Europea e rappresenta un grave precedente che mette in discussione la libertà d’impresa in Italia – hanno dichiarato La Base Balneare con Donnedamare e Assobalneari Italia -. Gli imprenditori di qualunque settore e dimensione hanno bisogno di certezze normative in un contesto quale quello attuale, in cui devono fare i conti già con incertezze economiche e politiche”.

Prova a fare chiarezza Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba Confesercenti. “La sentenza della Corte Europea si riferisce solo ed esclusivamente alle strutture non amovibili delle concessioni – dice il presidente Rustignoli -. Interpretarla come una sentenza che nega il diritto delle imprese balneari al riconoscimento dell’intero valore aziendale è fuorviante e banalizza un tema di vitale importanza per il comparto”. Perplessità da Federbalneari che, con il presidente Marco Maurelli, si dice “contraria al depauperamento del patrimonio delle nostre imprese del mare. Patrimonio dello Stato che è stato valorizzato proprio dal nostro sistema turistico con investimenti costanti nel lungo periodo di questi beni inamovibili che in Italia ne sono censiti circa 800″.

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