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Labour o Fronte popolare? Illusioni e dilemmi della sinistra italiana

La sinistra italiana ancora una volta festeggia per i successi delle famiglie progressiste e socialiste degli altri Paesi, nel dilemma di cosa fare in casa propria

Laburisti o Fronte popolare? Magari per la sinistra italiana vanno bene entrambi, basta trovare la formula adatta e azzeccare i tempi giusti. Quanto accaduto e sta accadendo in Gran Bretagna e Francia si sta riversando inevitabilmente nel dibattito interno del nostro Paese, interpretato e commentato sia dalla politica (più euforici) che dai media (per fortuna più realisti).

LA SINISTRA ITALIANA FESTEGGIA I SUCCESSI.. DEGLI ALTRI

“Ancora una volta – scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera – la sinistra italiana festeggia per il successo. Degli altri. Accade così dal 2006. Perché è dai tempi di Romano Prodi che non conquista palazzo Chigi attraverso il voto. E da allora insegue il risultato infatuandosi delle formule politiche altrui. Prima che a Londra i Laburisti sfrattassero i Conservatori da Downing street, a Roma per una settimana è andato di moda il Fronte popolare francese”.

Scende ancora più nei particolari Marcello Sorgi su La Stampa: “Benché attesa e preannunciata dai sondaggi fino alla vigilia del voto, la vittoria laburista nel Regno Unito ha fatto ovviamente rinascere le speranze anche nel centrosinistra italiano. E d’altra parte: i laburisti, diversamente dai socialisti, sono sempre stati il modello dell’evoluzione della sinistra già ai tempi del Pci e di Berlinguer”.

LE DIFFERENZE CON LONDRA E PARIGI

Come ricorda lo stesso Sorgi, “ci sono tuttavia una serie di differenze tra Londra e Roma che i leader del centrosinistra legittimamente speranzosi dovrebbero tenere in considerazione”. Tra cui “il sistema elettorale uninominale ‘secco’ a un solo turno: si vota solo nei collegi e vince chi prende anche soltanto un voto in più. Non è affatto coerente innamorarsi una settimana prima delle “desistenze” e del “barrage” praticato in Francia, dove si vota in due turni, contro la destra di Le Pen — che sempre secondo i sondaggi dovrebbero risultare ancora una volta efficaci domenica prossima —, e la settimana dopo di quello inglese, dove appunto non esistono le coalizioni, le desistenze non sono praticate e in alcuni casi e la presenza del terzo (Libdem) o del quarto partito a rendere più dura la sconfitta per chi perde. Ma si sa: la sinistra italiana vive a volte di illusioni”.

LE DIVISIONI DELLA SINISTRA ITALIANA SULLA POLITICA ESTERA

Oltre al metodo di voto, dirimente in qualsiasi competizione elettorale, a risultare altrettanto determinanti sono i temi, i contenuti, le politiche. E nel contesto geopolitico attuale ad assumere prioritaria importanza è la visione del mondo, la politica estera.

Lo hanno ben presente a sinistra, come spiega Verderami: “La scelta più importante sarà sulla linea di politica internazionale, argomento che incide sulle opinioni pubbliche occidentali come mai accaduto prima. (…) Se così stanno le cose, se la postura sui conflitti influisce sul consenso, per Schlein sarà faticoso trovare una convergenza con gli alleati alla sua sinistra. E soprattutto con Giuseppe Conte, che già sulla guerra in Ucraina ha una linea alternativa a quella del Pd, e che potrebbe diventare ancor più insidioso se Donald Trump tornasse alla Casa Bianca, ricreando il vecchio asse con Vladimir Putin: cioè i leader che — insieme a Xi Jinping — sono stati i punti di riferimento di «Giuseppi» quando stava a palazzo Chigi.

(…) C’è un motivo quindi – si legge sempre sul Corriere della Sera – se Guerini definisce «discriminante» per l’alleanza di governo una comune visione della politica internazionale. Il fatto è che la crisi dell’Occidente sta disarticolando le coalizioni e mettendo in tensione persino i partiti al loro interno. Ieri alla direzione dei Democratici l’ex ministro Andrea Orlando ha avvisato Schlein che sul tema «anche il Pd non può sbandare». E dando voce a una forma di dissenso interno, ha aggiunto: «Sono d’accordo che il nostro orizzonte sia la difesa dell’Occidente, ma bisogna domandarsi quale idea di Occidente abbiamo».

CORRIERE: “SCHLEIN TENTATA DAL FRONTE POPOLARE”

Tanto basta per capire – conclude Verderami – “quanto sarà complicata la ricerca di una posizione comune nel «campo largo», e quale sia la distanza che separa la sinistra italiana da quella britannica. Perché se c’è una cosa che il neo premier Keir Starmer aveva sottolineato in campagna elettorale, è che i laburisti avrebbero governato all’opposto dei conservatori «tranne sulla politica estera». (…) Insomma, a fronte degli ostacoli che le si parano davanti, Schlein (…) potrebbe essere tentata dalla scorciatoia del Fronte popolare. Peraltro la stagione referendaria che si è appena aperta evoca lo schema frontista…”.

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