Dopo più di una settimana la leader di Fdi ha preso carta e penna e scritto una lettera di fuoco contro i nostalgici che vogliono trasformare il partito in una macchietta. Ampio spazio sui quotidiani che riconoscono alla Meloni il passo avanti anche se tardivo, ma “una svolta culturale, prima che politica, è possibile”
In attesa di sapere che Francia uscirà dal ballottaggio di domenica, i quotidiani nostrani danno grande spazio ed evidenza alla “lettera di richiamo” con cui il premier Giorgia Meloni dopo l’inchiesta di Fanpage sui giovani militanti del suo partito prende decisamente le distanze dai nostalgici e da chi “vuole trasformarci in una macchietta”. La lettera viene pubblica integralmente da la Stampa e si presta ad interpretazioni diverse.
Nessuna regia occulta, i guai Fdi se li è procurati da soli
Se da una parte ci sono i giornali filo governativi che elogiano la Meloni con Libero che arriva a titolare “Giorgia non perdona” e Alessandro Sallustri sul Giornale scrive che “ora tocca anche agli altri” condannare antisemitismo e razzismo, la stampa più mainstream prova ad andare a fondo al significato delle parole della leader di Fdi. “Ci ha messo otto giorni – scrive subito nel suo editoriale Marcello Sorgi su la Stampa – Se lo è fatto dire da Fini, il leader al quale, con un anticipo di trent’anni su di lei, era toccato fare il “lavoro sporco”, o se si preferisce i conti con la Storia. Ma alla fine Meloni si è convinta di essere tenuta a un chiarimento”.
Eppure per l’ex direttore del Tg1 l’errore più evidente di Meloni è di credere che vi sia in tutto questo “una sottile regia degli avversari della destra conservatrice, che riescono a imporne una sorta di caricatura a tinte fosche e piena di tratti negativi”. “Ecco, semplicemente tutto ciò non è vero. – annota Sorgi – È come se la premier avesse fatto due passi avanti e uno indietro. I guai di Fratelli d’Italia – occorrerebbe avere il coraggio di ammetterlo, e la premier compirebbe un grande passo avanti se fosse davvero in grado di farlo – il partito se li è procurati da solo. Magari perché non era pronto alla grande responsabilità che gli è piovuta sul capo. Oppure, e sarebbe peggio, perché ha ritenuto di poter ancora vivere nell’equivoco, nell’ambiguità, anche perché in questo modo non avrebbe rischiato di perdere i consensi delle frange più estreme della destra italiana”.
Su Meloni gli occhi dell’Europa e degli Usa, basta con il “doppio gioco”
Di “una scelta significativa dopo l’errore iniziale” scrive invece Massimo Franco sul Corriere della Sera, mentre Lina Palmerini sul Sole24ore si spinge oltre e fa intendere che la dura presa di posizione della Meloni guarda anche oltre i confini italiani, guardando a ciò che sta succedendo in Europa e ancora fino agli Stati Uniti. “Non è escluso che abbia influito pure la speciale relazione con Washington – riporta il quotidiano di Confindustria – dove, di certo, l’ambiguità verso correnti di antisemitismo, non è tollerata. Ecco, nella lettera Meloni parla di come il suo Governo abbia rafforzato «il quadro di alleanze internazionali e attratto i grandi investitori». Insomma, far convivere un doppio registro diventa impraticabile visti gli esami che chiedono quei mondi che prima erano criticabili ma oggi sono indispensabili.”
La svolta culturale, prima che politica, è possibile
Eppure per tornare all’editoriale di Franco sul quotidiano di via Solferino “non cogliere segnali come la presa di distanza decisa dalla premier significherebbe ritenere impossibile una svolta culturale, prima che politica”. Cosa vuol dire? “Avere ribadito che antisemitismo e razzismo non fanno parte del dna di Fratelli d’Italia, e che il partito è nato contro tutti i totalitarismi, «nazismo, comunismo e fascismo», citati in quest’ordine, è come minimo il riconoscimento di un problema. Affiora finalmente la determinazione a guardare in faccia e chiamare col proprio nome l’esistenza di alcune sacche della destra, non solo «nostalgiche» per ignoranza o ideologia, ma anche ostili agli ebrei e inclini al razzismo: per quanto confessati solo nel buio mentale e fisico delle riunioni di partito”.