Da Giorgia Meloni a Giuseppe Conte, da Marine Le Pen a Viktor Orban, le pagelle delle Europee
CHI SALE
Giorgia Meloni – Grazie alla forza trainante della premier (oltre 2,3 milioni di preferenze) Fratelli d’Italia sfiora il 29%, puntella il Governo e rafforza la maggioranza di centrodestra che, rispetto alle Politiche, cresce nel consenso. FdI diventa così il dominus assoluto dei Conservatori Ue (Ecr) che si consolidano come destra di governo. Ora c’è da trovare il modo di fare pesare anche a Bruxelles la “forza” del governo italiano, unico tra i grandi paesi Ue che esce “solido” dall’esito del voto.
Antonio Tajani – Il segretario di Forza Italia appena un anno fa era dato per spacciato insieme a tutto il partito dopo la morte di Silvio Berlusconi. E invece, grazie a una sobrietà politico-istituzionale e ad alcuni accordi strategici in campagna elettorale, Tajani è uno dei veri vincitori di queste Europee, superando la Lega di Salvini e Vannacci e arrivando a un passo dai grillini di Giuseppe Conte. In Sicilia FI (in lista insieme a Noi Moderati) è tornato ad essere primo partito, prima di FdI e prima del M5S. La sua forza attrattiva, complice anche il flop di Renzi e Calenda, rischia di essere sempre più contagiosa per l’area di Centro.
Bonelli e Fratoianni – Alleanza Verdi e Sinistra è la vera sorpresa di queste elezioni, con 6 seggi conquistati. Anche loro hanno sbagliato pochissime mosse, riuscendo a candidare volti riconoscibili e identitari che hanno fatto la differenza, drenando voti a Pd e M5S. Da Ilaria Salis a Mimmo Lucano, da Ignazio Marino a Leoluca Orlando.
Marine Le Pen e Jordan Bardella – Hanno terremotato le istituzioni francesi, costringendo il presidente Macron a sciogliere l’assemblea nazionale. Non solo. La fiamma tricolore ‘bleu-blanc-rouge’ del loro Rassemblement National ha illuminato la strada all’intero gruppo di Identità e democrazia (Id). All’emiciclo di Strasburgo saliranno da 18 a 30 seggi, diventando il partito più folto insieme alla Cdu tedesca.
Tino Chrupalla – L’esito “da record” in patria ha fatto esultare l’ex imbianchino ora trascinatore di Alternative fuer Deutschland, la formazione di estrema destra tedesca che ha fatto breccia nei Laender dell’Est e tra i giovani. Inflazione e migranti i suoi leitmotiv
Peter Magyar – Abbandonato Viktor Orban soltanto a febbraio, l’ex consigliere del premier magiaro è l’astro nascente dell’opposizione in patria. In pochi mesi ha portato il suo Tisza a conquistare quasi il 30% dei consensi e ora vorrebbe prendere casa in Europa tra le fila del Ppe. *
CHI SCENDE
Matteo Salvini – Superato da Forza Italia, tradito da Umberto Bossi e illuso dal generale Roberto Vannacci. Per il leader del Carroccio si tratta di una tornata elettorale da dimenticare. Il vicepremier finora tra i protagonisti di Id scende da 22 a 8 seggi e con la sua Lega rischia di passare un’altra legislatura schermato dal cordone sanitario degli europeisti.
Giuseppe Conte – Che le Europee non erano il loro piatto forte era cosa nota, ma crollare al minimo storico dal 2013 – sotto il 10% – era impensabile. Per Giuseppe Conte una giornata da dimenticare, sotto il peso delle “riflessioni da avviare”, delle percentuali che lo inchiodano a -14 dal Pd, delle critiche di Marco Travaglio e delle parole di Davide Casaleggio che ha invitato l’ex premier alle dimissioni.
Matteo Renzi e Carlo Calenda – Sono i due grandi incompiuti di queste elezioni Europee. Ancora una volta, pur di non stare insieme, hanno optato per una strategia che alla fine si è rivelata politicamente suicida. Con la beffa di aver regalato i propri voti, a causa del mancato raggiungimento della soglia di sbarramento, agli avversari.
Emmanuel Macron – Con il rischioso coup de theatre di indire nuove elezioni, il presidente francese ha certificato la sua cocente sconfitta. Trascinando giù con sé l’intera compagine dei liberali Ue di Renew. Nelle prossime settimane Macron si gioca il proprio presente e futuro, in Francia quanto in Europa.
Olaf Scholz – L’altro grande sconfitto è a Berlino. E porta il nome del Bundeskanzler. Davanti a sé il socialdemocratico avrà mesi delicati per giocarsi le sue carte nella complessa partita dei top jobs Ue e preparare le elezioni politiche del prossimo anno.
Viktor Orban – In fila con il biglietto in mano per entrare nelle stanze di Ecr, il premier magiaro – atteso dalla presidenza della tanto odiata Ue – ha perso circa otto punti percentuali rispetto a cinque anni fa.