La paura del ritorno di un terrorismo che non se n’è mai andato… I Graffi di Damato
“Torna l’incubo terrorismo”, ha titolato persino Il Giornale, un po’ meravigliandosene, riferendo della strage compiuta a Mosca dall’Isis in un teatro e inutilmente segnalata nei giorni scorsi da americani e inglesi, quando veniva preparata dal fantomatico Stato islamico, ad un Putin troppo distratto dalle sue finte elezioni per l’avvio di un suo per niente finto quinto mandato presidenziale al Cremlino. Dove l’autocrate si sentiva e si sente ancora, assediato solo o prevalentemente dagli occidentali in genere o dagli ucraini in particolare, non ancora “denazificati”, secondo le sue promesse, o liberati dai costumi troppo licenziosi dell’Occidente, secondo il maledicente Patriarca di Mosca.
Chiedo ad Alessandro Sallusti e agli altri sorpresi dalla strage di Mosca, dalla sessantina di morti già accertati nel teatro devastato dal fuoco e dalle centinaia di feriti non tutti destinati purtroppo a salvarsi, dove e quando il terrorismo si era preso la sua pausa, le sue ferie. Chiedo se non è terrorismo anche quello che Hamas ha praticato il 7 ottobre scorso irrompendo in territorio israeliano e continua a praticare nei tunnel di Gaza continuando a sparare missili contro gli ebrei fra le macerie alle quali è stata ridotta quella striscia di terra. Dove la popolazione civile, le scuole, gli ospedali, le chiese, i campi profughi sono stati e sono tuttora usati come scudi da terroristi scambiati per partigiani della Palestina e presentati come vittime di un genocidio su tutte le piazze del mondo, in un rivoltante rovesciamento della realtà.
Proprio mentre a Mosca il terrorismo islamico si riprendeva la scena e le prime pagine dei giornali del mondo, Marco Travaglio scriveva il suo editoriale di giornata sul Fatto Quotidiano, come il mattinale di una Questura internazionale, contro “i pazzi da spazzare”, testuale, che avrebbero appena concluso a Bruxelles il loro “Consiglio europeo di guerra”. Esso si sarebbe permesso di mettersi e di mettere sull’avviso per difendere ciò che resta del vecchio continente da ciò che ha in testa Putin.
Solidale con questa lettura alla rovescia, un po’ come nel mondo per altri versi visto e raccontato dal generale Roberto Vannacci di non si sa ancora quale destinazione politica nelle elezioni europee del 9 giugno, è stata l’Unità di Antonio Gramsci restituita dall’editore Alfredo Romeo al mio amico Piero Sansonetti, che vi sta trascorrendo, dirigendola, la sua-beata lui- seconda giovinezza di lotta, illusioni, sogni e quant’altro, stavolta contro Giorgia Meloni reduce proprio da Bruxelles.
“Consiglio Europeo?” si è chiesto il giornale di Piero in nero rigoroso. “No: Consiglio di guerra”, si è risposto in rosso altrettanto rigoroso per concludere, tornando al nero: “L’Europa non c’è più”. E invece, caro Piero, l’Europa c’è ancora. E speriamo che non faccia la fine che vorrebbero riservarle i cultori e complici dei vari terrorismi attivi nel mondo, che vivono solo dell’uso che ne fanno gli avvoltoi di turno.