Una giornata davvero particolare alla Camera per Giorgia Meloni e le opposizioni. I Graffi di Damato
Per quanto declassato a “teatrino” dal Fatto Quotidiano, che se ne intende con i fotomontaggi nei quali spesso avvolge sarcasticamente sulle sue prime pagine le cronache politiche che non gradisce, lascerà il segno quel gesto di Giorgia Meloni ieri alla Camera di nascondere la testa nella sua giacca per non vedere e sentire lo spettacolo delle opposizioni più nervose del solito in aula.
Esso lascerà il segno come quella spolverata sulla sedia di uno studio televisivo in cui Silvio Berlusconi nel 2013 riuscì a spiazzare e ridicolizzare la coppia Santoro-Travaglio scatenata contro di lui. Quel “teatrino”, per restare nel linguaggio del Fatto, costò parecchio elettoralmente alla sinistra e fu oggetto di una certa letteratura della comunicazione politica.
Il nervosismo dell’opposizione, sottolineato dalla stessa Meloni chiamandone romanescamente “ragazzi” gli attori, non nasceva solo dalle guerre di cui si occupano oggi i vertici dell’Unione Europea. Esso derivava anche dalla clamorosa procedura di scioglimento per infiltrazione mafiosa avviata dal Ministro dell’Interno a carico dell’amministrazione comunale di sinistra di Bari, fra le lacrime del sindaco piddino Antonio Decaro, che è anche presidente dell’associazione nazionale dei Comuni, e le proteste o le minacce di altri.
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Dopo “le scintille alla Camera” riferite nel titolo di apertura del Corriere della Sera la Meloni si è ricomposta, diciamo così, ed è salita al Colle con un po’ di ministri e collaboratori per il pranzo di lavoro che precede i Consigli europei. Qui è stata accolta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella con la solita cordialità che non sarà piaciuta – credo- neppure questa volta dalle opposizioni di vario grado e colore. Che spesso scambiano Mattarella, anche a costo di procurarsi proteste e richiami dell’interessato, come il capo loro, non dello Stato.
“Nel pranzo -ha riferito sul Corriere della Sera il quirinalista Marzio Breda- non si è entrati nel merito delle soluzioni politiche per trovare, e proporre agli alleati, una sintesi fra i 27 Paesi dell’Unione Europea” sulle guerre in corso, sempre più a rischio di ulteriori allargamenti. “Ma è significativa -ha scritto ancora Breda- la sintonia tra le due massime cariche del Paese. Sintonia che ha riguardato anche gli altri dossier in agenda al Consiglio europeo” come l’allargamento dell’Unione e la difesa comune, entrambi funzionali al contrasto dell’emergenza cresciuta, non certamente ridotta dal quinto mandato presidenziale di Putin appena avviato al Cremlino tra fanfare, esibizioni di forza e minacce ad un Occidente sempre più odiato. Gli anni berlusconiani di Pratica di Mare sono sempre più lontani.