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A che punto è la riforma del premierato?

Nel ping pong tra Lega e Fratelli d’Italia sulle riforme, se il Carroccio punta sull’autonomia differenziata, Giorgia Meloni prosegue dritta sulla svolta che dovrebbe portare al cosiddetto premierato

Un po’ di giorni a parlare di autonomia differenziata, altri a provare l’accelerata sul premierato. Il percorso delle riforme istituzionali intrapreso dal governo prosegue a suon di ping pong tra Lega e Fratelli d’Italia. Ieri, dopo tre giorni di dibattito nella maggioranza, sono arrivati altri passi avanti sul dossier che dovrebbe rivoluzionare la figura del presidente del Consiglio, “la madre di tutte le riforme” per Giorgia Meloni.

Tutti i dettagli.

PASSI AVANTI SUL PREMIERATO

Il 30 gennaio, la ministra delle Riforme costituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati spiegava con cautela che per mettere mano alla Costituzione non basta mezz’ora.  E anche se”non ci sono nodi complessi, i nodi sono stati già evidenziati, si tratta adesso di poterli scrivere tutti assieme. Un conto è elaborare un concetto e un conto è metterlo a terra. Quando si scrive sulla Costituzione – aggiungeva – bisogna farlo in maniera tecnicamente ineccepibile”.

Casellati, lo ricordiamo, è la firmataria del testo del ddl che si trova ora al vaglio della commissione competente di Palazzo Madama.

Nel mentre, in questa seconda parte di settimana, i capigruppo al Senato della maggioranza hanno discusso fino a trovare l’accordo sul cosiddetto secondo premier, figura che entrerebbe in carica dopo le dimissioni o comunque la caduta del presidente del Consiglio nominato dopo elezioni (o morte o impedimento permanente). “C’è la bozza di un accordo che ora sottoporremo ai leader. Oggi abbiamo compiuto un passo avanti”, ha detto ieri Casellati. Tornando poi sulla prudenza di mercoledì e specificando che “nella Costituzione contano tutte le parole. Sono stati messi a punto solo accorgimenti tecnici per non dar luogo a interpretazioni. Certo, il diritto è un elastico e lo si può tirare da una parte o dall’altra, ma vogliamo un testo più chiaro possibile”.

Il relatore Alberto Balboni, invece, si è così espresso: “Abbiamo raggiunto un accordo all’unanimità tra le forze della maggioranza – ha detto Balboni, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato e relatore al premierato -. La nostra proposta sarà ora sottoposta ai leader e, quando approvata, sarà depositata come emendamenti”. Quanto alle modifiche, gli emendamenti “a occhio e croce saranno 4 o 5. Noi abbiamo finito il lavoro che ci era stato assegnato, i testi sono pronti, ma vogliamo siano esaminati dai leader, visto che è un ddl importantissimo”.

COSA CAMBIA

E allora, cosa cambia? Si è trovato, dicevamo, l’accordo sul secondo premier: vale a dire che in caso di mancata fiducia dal Parlamento, questo porterebbe il presidente della Repubblica a sciogliere le Camere. In più, è presente il limite di due legislature consecutive per il premier eletto (aumentabile a tre se il periodo precedente non supera i sette anni e sei mesi).

Le altre novità: potere di nomina e revoca dei ministri da parte del premier eletto (non in capo al secondo premier); cancellazione del semestre bianco, le camere si sciolgono subito fino a fine mandato dopo la mancata fiducia al premier. Infine, arriva il premio di maggioranza (da definire).

E ADESSO?

Adesso palla ai leader e alla premier Meloni. Che – secondo il ministro per i rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, dovrà decidere in caso di mancato accordo.

IL DIBATTITO SUL PREMIERATO A DESTRA E SINISTRA

L’iter avanza, dunque. Nel fronte della maggioranza, la Lega ha strappato a Fdi che il premier eletto, una volta sfiduciato, non porti direttamente a elezioni. Come specifica Paola Di Caro sul Corriere di oggi, “il premier eletto può essere sfiduciato dalla sua maggioranza, ma solo con una mozione ad hoc, motivata ed esplicita. Non basta insomma un voto negativo su un provvedimento su cui è stata posta la fiducia”. Il ministro Calderoli, ieri sera a Porta a Porta, ha ribadito che serviva specificare questo punto per ribadire che la defenestrazione sia a carico della maggioranza. Lato Forza Italia, invece, si ricorderà l’uscita dei mesi scorsi di Gianni Letta, non proprio entusiasta della svolta al premierato.

A sinistra, invece, si continua a criticare tout court questa riforma. “Possono cambiare quello che ritengono per i loro scambi interni, ma se rimane l’elezione diretta del premier avranno dal Pd l’opposizione più ferma e dura che possiamo mettere in campo”, ha detto la segretaria Pd Elly Schlein. Nel partito, però, già nei mesi scorsi erano emerse posizioni di non assoluta chiusura alla riforma. In attesa di capire come verranno accolti questi punti aggiuntivi della riforma anche dal Quirinale, bisognerà capire anche la reazione dai partiti dell’ex Terzo Polo, dove Renzi già in passato non aveva espresso totale contrarietà.

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