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Eni nomine

Da Leonardo, a Eni, a Poste: cosa finisce sul mercato e cosa no

Privatizzazioni: il Governo vuole ricavare circa 20 miliardi di euro in tre anni da un piano di privatizzazioni delle grandi partecipate di Stato

Un piano di privatizzazioni da circa 20 miliardi di euro. È quello a cui sta lavorando il Governo italiano, come sottolineato da un’intervista del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, confermando le indiscrezioni trapelate al World Economic Forum di Davos. “La vendita delle quote sul mercato, persegue diversi obiettivi – si legge sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze -, in particolare: ridurre il debito pubblico, aumentare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità gestionale delle organizzazioni interessate”.

DA POSTE A ENI: IL GOVERNO METTE SUL MERCATO I GIOIELLI DI FAMIGLIA

A essere messi in vendita sono alcuni dei “gioielli di famiglia” italiani: da Poste a Eni. “È più corretto parlare di razionalizzazione del patrimonio delle partecipate; quindi, il pubblico decide di entrare di più in alcune realtà e cedere altre quote perché tutto sia più efficiente e razionale e al passo con i tempi – ha detto il ministro Giorgetti -. Non è semplicemente fare cassa”. Le prime partecipate di Stato a finire sul mercato saranno le società quotate come Poste Italiane, il cui titolo viaggia oggi a circa 10 euro. Del resto, anche il governo Gentiloni aveva immaginato un percorso di cessione. L’obiettivo del governo è di privatizzare una quota tra il 10% e il 20% di Poste Italiane per portare nelle casse dello Stato fino a 2 miliardi e mezzo. Stesso discorso per Eni (a quota 15 euro). Secondo le indiscrezioni di Bloomberg il piano di Giorgetti e Meloni prevede di cedere una quota pari al 4% di Eni.

LE SOCIETÀ PARTECIPATE DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Le partecipate del MEF sono numerose e si dividono in società quotate, società con strumenti finanziari quotati e società non quotate.

Le società quotate sono:

Mentre le società con strumenti finanziari quotati

Tra le società non quotate figurano ANPAL Servizi s.p.a  (100%), Consip spa (100%), Enit (100%), Equitalia giustizia spa (100%), Giubileo 2025 (100%), Italia Trasporto Aereo S.p.A (100%), Pago PA S.p.A. (100%), Ram – Rete autostrade mediterranee spa (100%) e Sogei – Società generale di informatica spa (100%), Sogesid spaSogin – Società gestione impianti nucleari spa (100%) e STMicroelectronics holding N.V. (50%).

GLI ACQUIRENTI NON SONO TUTTI UGUALI: SÌ ALLE PRIVATIZZAZIONI MA NO ALLE SPECULAZIONI 

Un governo che ha fatto della tutela dell’interesse nazionale uno dei punti forti della campagna elettorale non può affrontare la questione delle partecipazioni in maniera superficiale. Infatti, il ministro Giorgetti ci ha tenuto a sottolineare che il Governo vigilerà con particolare attenzione circa la vendita di quote delle partecipate. “In NetCo (dossier dossier TIM-Telecom Italia) stiamo rinazionalizzando e c’è l’auspicio che entrino investitori pazienti – ha detto Giorgetti -. Sulle infrastrutture o sulle società critiche, al netto del golden power è bene avere soggetti nazionali e internazionali fuori da ottiche meramente speculative”. Il messaggio del ministro è molto chiaro: non è in corso una smobilitazione, quindi, e gli acquirenti non sono tutti uguali, gli speculatori non sono i benvenuti.

ANCHE RAI WAY ENTRA NEL MIRINO DELLE PRIVATIZZAZIONI

A finire nel mirino delle privatizzazioni c’è anche Rai Way, una controllata di “mamma Rai”.  Rai Way gestisce le torri di trasmissione di cui il 65% è nelle mani del Gruppo Rai dopo la privatizzazione parziale durante il governo Renzi. “Vediamo, si può ragionare su tutto, io sono sempre per un appoggio costruttivo con il mercato – ha detto il sottosegretario all’Economia Federico Freni -. Non c’è nessuna fretta di privatizzare”. Il Governo Meloni vorrebbe privatizzare il 15% di Rai Way, una quota che porterebbe nelle casse dello Stato una cifra pari a 200 milioni di euro.

ENAV E LEONARDO FUORI DAL PERIMETRO DELLE PRIVATIZZAZIONI

Con ogni probabilità non saranno poste in vendita aziende che il Governo reputa strategiche come Enel, perché la quota dello Stato è scesa al 23,5%: ridurre ancora la quota pubblica significa esporre la società al rischio che a scegliere il CdA non sia il ministero dell’Economia ma i fondi di investimento. Non possono essere privatizzate quote di Enav, il cui titolo è arrivato ai minimi storici (3,1 euro) o di Leonardo, le cui azioni stanno andando molto bene, ora sono a 16 euro, ma cedere un’azienda che opera nel settore della difesa non sarebbe politicamente accettabile. Lo stesso discorso vale per Snam e Terna, che gestiscono infrastrutture strategiche per il paese, tra l’altro quote delle aziende non sono detenute dal Ministero ma da Cdp Reti.

PRIVATIZZAZIONI: OPERATORI PRIVATI IN FERROVIE DELLO STATO

Un capitolo spinoso è quello che riguarda Ferrovie dello Stato. Il Governo sta valutando la possibilità di far entrare investitori privati nel capitale della capogruppo Fs. Prima di tutto, però, sarebbe necessario procedere con la valutazione della rete, l’asset principale del gruppo al cui valore, dopo l’incorporazione di Anas, si somma quello delle strade statali.

CONFLAVORO (PICCOLE E MEDIE IMPRESE): “L’ITALIA NON RISCHIA DI ESSERE UN MERCATINO DELLE PULCI”

“Sulla questione delle privatizzazioni la pensiamo senz’altro come il governo Meloni: l’Italia non rischia di essere un mercatino delle pulci, anzi ha bisogno di quei privati lungimiranti con denaro da investire e una visione diversa e svecchiata da proporre per lo sviluppo del Paese e delle sue infrastrutture – ha detto Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro, l’associazione che rappresenta la Piccola e Media Impresa -. Non ci parrebbe uno scandalo se lo Stato dovesse cedere una parte delle aziende importanti che controlla e che, in certi casi, continuerebbe a controllare sicuramente. Non vediamo rischio di derive di alcun genere. Il vero scandalo, piuttosto, è tenere in piedi certe situazioni che non producono né riescono ad autosostenersi, così come è scandaloso bruciare miliardi in buchi senza fondo e in certe misure che si sono purtroppo rivelate un boomerang sotto tutti gli aspetti come il Superbonus. Noi, da imprenditori seri, preferiamo invece un approccio altrettanto solido e programmato per il futuro: l’Italia è l’azienda di tutti, ma è evidente che il Paese deve fare delle scelte controcorrente rispetto a quelle che lo hanno portato ad avere i problemi spesso insormontabili che ha oggi”.

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