I giornali riferiscono del pressing della Casa Bianca su Roma per un maggior coinvolgimento dei soldati italiani in Libano nell’azione di mediazione al confine tra Israele e i territori controllati da Hezbollah
I soldati italiani impegnati nella missione Unifil potrebbero essere coinvolti nel piano Usa di mediazione al confine fra Israele e le zone controllate da Hezbollah in territorio libanese. E’ questa la novità emerse nelle ultime ore, come riportato dal Corriere della Sera e da La Stampa che parlano di “pressing Usa su Roma” per avere un maggior ruolo in Libano nelle operazioni di de-escalation della guerra in Medio Oriente.
L’INCONTRO A PALAZZO CHIGI TRA MELONI E L’INVIATO USA PER IL LIBANO
Mettiamo in ordine i fatti, come riferiti dai due quotidiani.
La premier Meloni l’8 gennaio riceve a Palazzo Chigi Amos Hochstein, inviato speciale del presidente americano Joe Biden per il Libano. L’incontro dura circa un’ora. Una settimana dopo, il 15 gennaio, la presidente del Consiglio ha una conversazione telefonica con il primo ministro libanese Najib Mikati.
“In quei sette giorni – scrive Ilario Lombardo su La Stampa – succede qualcosa. Lo staff diplomatico viene attivato per lavorare a un viaggio di Meloni a Beirut. (…) La visita della premier sarebbe un segnale e legittimerebbe l’Italia come mediatrice per uno dei fronti più caldi del Medio Oriente, quello che forse preoccupa maggiormente Washington”.
Quale è stato il tema al centro dell’incontro di Meloni e Hochstein? L’inviato speciale della Casa Bianca avrebbe manifestato l’intenzione di “includere l’Italia – scrive Galluzzo sul Corriere della Sera – in un delicato piano confezionato in parallelo fra Parigi e Washington che avrebbe ricadute concrete sul dispiegamento del nostro contingente militare al confine fra Israele e le zone controllate da Hezbollah in territorio libanese”.
COSA PREVEDE IL PIANO USA E IL RUOLO DEL CONTINGENTE ITALIANO
Il piano di Hochstein, preparato con i francesi, “prevede -prosegue Galluzzo – di allargare il più possibile la cosiddetta Linea Blu, la linea di demarcazione del confine fra i due Stati, una sorta di zona cuscinetto stabilita dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. Il sottosegretario di Stato americano una volta arrivato in Libano ha chiesto un passo indietro delle milizie di Hezbollah di almeno 7 chilometri dal fiume Litani, ma gli israeliani hanno come obiettivo per trattare almeno 30 chilometri”.
“La proposta – spiega poi La Stampa – riprende i contenuti della risoluzione dell’Onu 1701, del 2006, al termine della seconda guerra tra Israele ed Hezbollah, che tra gli altri punti prevede il rafforzamento di Unifil per prevenire la ripresa delle ostilità, mantenendo tra la Blue Line (il confine stabilito con Israele) e il fiume Litani un’area libera da personale armato che non sia quello della legittima autorità governativa di Beirut e dei contingenti Onu”.
LE CONDIZIONI E LE CONTROPARTITE DI ISRAELE
“La condizione posta da Israele per ritirare le proprie truppe – sottolinea Lombardo – è di rispettare la richiesta di allargare ben oltre 7 km questa zona cuscinetto e di disarmare Hezbollah”.
“Nel pacchetto che in modo riservato viene discusso – precisa poi Galluzzo – un arretramento delle milizie di Hezbollah avrebbe come contropartita il ritiro israeliano dai villaggi di Kfarchouba, Ghajar e dalle Fattorie Sheeba, nel sud del Libano. Finora Hezbollah ha respinto la proposta ma sta tenendo il canale diplomatico aperto”. Si tratta di “una delicata partita diplomatica ancora in corso, che – si legge sul Corriere – finora ha ricevuto solo porte chiuse, o quasi, da entrambe le parti, ma che vede Roma svolgere un ruolo silenzioso, ma concreto”.
LA VISITA DI MELONI IN LIBANO AL MOMENTO CONGELATA
La stessa Meloni in un primo momento sembrava dovesse recarsi nei prossimi giorni a Beirut, ma la visita è stata al momento congelata. I due quotidiani spiegano che le trattative sono al momento in salita, “da quanto confermano fonti diplomatiche e di governo, sono venute meno le condizioni per la partenza della premier, che formalmente avrebbe segnato un livello più alto di impegno, e dunque da mettere al riparo da possibili insuccessi diplomatici”. Per questo “il ruolo e la disponibilità di Roma nel prevedere un diverso dispiegamento delle nostre truppe e nel sostenere lo sforzo diplomatico di queste ore saranno affidati per ora a una visita del ministro degli Esteri Tajani che giovedì sarà in Libano”.
PERCHE’ IL PRESSING SUI SOLDATI ITALIANI IN LIBANO
Il coinvolgimento dell’Italia nella difficilissima opera di mediazione che gli americani stanno perseguendo, per evitare un’escalation del conflitto in Medio Oriente, “si basa non solo sulla presenza del nostro più nutrito contingente militare all’estero, ma anche sul fatto che i nostri soldati che partecipano alla missione Unifil sono il nucleo di un know how sul territorio molto rodato negli anni, hanno un canale storico di comunicazione aperto sia con le milizie di Hezbollah che con l’esercito israeliano, avrebbero dunque le carte in regola per implementare il piano confezionato da americani e francesi, in collaborazione con il governo libanese”. L’Italia, a detta di chiunque conosca la situazione sul campo, gli italiani sono i militari che hanno i migliori rapporti con Hezbollah e con i civili.
TAJANI: “MISSIONE ITALIANA E’ SOTTO EGIDA ONU, NEI PROSSIMI GIORNI SARO’ IN LIBANO”
Intervenuto a 24Mattina su Radio24, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha spiegato che la “missione italiana in Libano è alle dipendenze delle Nazioni Unite, noi abbiamo detto che se servirà una missione di pace a Gaza con le Nazioni Unite noi siamo pronti per andare li con i nostri militari”, aggiungendo “noi perseguiamo da sempre la linea dei due popoli e due Stati, con uno Stato palestinese che riconosca Israele. Io il 24-25 sarò in Libano, Israele e Palestina, vogliamo che sia l’autorità palestinese a governare Gaza, non Hamas”.
IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA MISSIONE UNIFIL
Attualmente il contingente nazionale impiegato in teatro operativo è di 1046 militari nell’ambito di Unifil e 57 militari nell’ambito della Mibil (Missione Bilaterale in Libano) dislocati tra Shama e Beirut, 374 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei. In ambito nazionale l’operazione è denominata “Leonte”. Al comando della Joint Task Force italiana in Libano (JTF L-SW), principalmente composta da militari della Brigata ‘Granatieri di Sardegna’, nonché del Settore Ovest di Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon) c’è il generale di brigata dell’esercito Giovanni Brafa Musicoro.
Dopo la conclusione delle operazioni militari israeliane contro Hezbollah dell’estate 2006, il compito principale della missione è quello di monitorare la cessazione delle ostilità e di assistere l’esercito libanese ad esercitare la sovranità nel Paese e a imporre il disarmo dei gruppi armati in Libano. In passato la missione è stata per tre volte a guida italiana: la prima volta con il generale Claudio Graziano, la seconda con il generale Luciano Portolano e l’ultima, per quasi quattro anni fino a febbraio 2022, dal generale Stefano Del Col.