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Quanto manca alla nuova direttiva Ue contro la violenza di genere

Lo stallo della direttiva contro la violenza di genere fermata dai troppi “no” dei paesi membri e la spada di Damocle delle elezioni del Parlamento europeo del prossimo giugno

L’omicidio di Giulia Cecchettin, ennesima vittima della violenza di genere nel nostro paese, ha scosso nel profondo l’opinione pubblica italiana e non solo.  Un’onda emotiva, disperata, è arrivata sino a Bruxelles dove, la presidente del Parlamento, Roberta Metsola, ha ricordato la morte di Giulia Cecchettin come uno dei troppi “esempi di abusi e omicidi di donne in Europa, semplicemente per il fatto di essere donne”. La presidente Metsola ha dedicato alla memoria della giovane ventitreenne un passaggio del suo discorso di apertura della sessione plenaria di novembre del Parlamento europeo.

LA DIRETTIVA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE: I NUOVI REATI

L’approssimarsi del 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ha stimolato un dibattito nell’Eurocamera sull’adozione della direttiva che introduce misure di contrasto alla violenza sulle donne. Il testo, presentata dalla Commissione europea l’8 marzo del 2022 vuole a garantire in tutta l’UE un livello di protezione minimo da tale violenza. È prevista l’introduzione di una serie di reati:

  • mutilazioni genitali femminili
  • stalking online
  • molestie online
  • condivisione non consensuale di materiale intimo o manipolato
  • istigazione all’odio o alla violenza online

La direttiva garantirà inoltre alle vittime:

  • l’accesso alla giustizia;
  • il diritto di chiedere risarcimento;
  • l’accesso a linee di assistenza telefonica gratuite e a centri anti-stupro.

LO STALLO DELLA DIRETTIVA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE

Lo scorso 9 giugno 2023 il Consiglio ha proposto la sua posizione sulla proposta di direttiva per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Quest’ultima, però, è troppo diversa dalla posizione adottata dal Parlamento europeo, addirittura inconciliabili, così la direttiva resta in stallo.

I NO DI GERMANIA, AUSTRIA E PAESI BASSI FERMANO LA DIRETTIVA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE

Il punto più critico è l’articolo 5, quello che attiene all’introduzione del reato di stupro per assenza di consenso. Previsto nel testo della Commissione, è stato rimosso nella versione adottata dai 27 a causa del no di Germania, Austria e Paesi Bassi. I paesi mal digeriscono l’interferenza in una questione di diritto penale interno. Il nostro paese, invece, con il guardasigilli Carlo Nordio, ha espresso “forte rammarico, unitamente alle delegazioni di Grecia, Belgio e Lussemburgo, per non avere mantenuto la previsione di norme di armonizzazione del reato di stupro, che costituisce la forma più grave di violazione della libertà sessuale delle donne”. La Commissione e il Parlamento europeo non sono disposti a compromessi sull’articolo 5. “Non possiamo avere una direttiva europea contro la violenza di genere che non includa lo stupro, perché questa è una delle forme più estreme di violenza contro le donne. Solo sì significa sì – ha detto in Aula la presidente del gruppo dei Socialdemocratici, Iratxe Garcia Perez -. Il sesso senza consenso è stupro”.

LA SPADA DI DAMOCLE DELLE ELEZIONI PARLAMENTARI DI GIUGNO

A giugno il Parlamento europeo si rinnoverà e, se la direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica non sarà approvata, la Commissione von der Leyen, che si era impegnata a traghettare il vecchio continente nella modernità su questo tema, ne uscirebbe pesantemente ridimensionata.

LA CONVENZIONE DI ISTANBUL

Intanto lo scorso 1° ottobre è entrata in vigore i Europa la Convenzione di Istanbul, un trattato internazionale per la prevenzione e la lotta contro la violenza di genere. La convenzione si basa su su tre pilastri:

  • la prevenzione della violenza domestica
  • la protezione delle vittime
  • il perseguimento dei colpevoli.

Il trattato internazionale elenca gli atti che devono essere perseguiti penalmente dai Paesi adenti. Si va dalla violenza psicologica, allo stalking, dalla violenza fisica, alle molestie sessuali, dalla violenza sessuale a tutti gli altri atti di natura sessuale non desiderati.

I SEI PAESI CHE HANNO RALLENTATO L’APPROVAZIONE DELLA CONVENZIONE DI ISTANBUL

Anche in questo caso l’iter approvativo è stato abbastanza lungo, sono stati necessari sei anni per completare il processo di ratifica. A rallentare il processo le reticenze di sei Paesi membri ad apporre la propria firma sulla convenzione. I paesi dubbiosi sono Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia. Questi non hanno firmato la convenzione di Istanbul ma lo scorso 6 ottobre 2021 la Corte europea di Giustizia ha stabilito che gli altri paesi potevano andare avanti anche senza le firme dei sei. Così lo scorso 1° giugno il Consiglio dell’Ue ha deciso l’adesione di tutti i 27 membri dell’UE, quindi anche dei sei ostruzionisti.

– Leggi anche: Vi spiego il ruolo della politica contro la violenza dell’uomo

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