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La Rai delle larghissime intese che non funziona ma che piace a tutti. Parla Michele Anzaldi

Buchi di bilancio, assenza di approfondimento e ascolti traballanti: la Rai non sta vivendo un periodo felice. Intervista all’ex parlamentare Michele Anzaldi, per dieci anni in Commissione Vigilanza Rai 

La Rai è finita, di nuovo, al centro dell’attenzione mediatica: prima il buco di bilancio, poi il caso De Girolamo e, infine, la convocazione in commissione di Vigilanza Rai di Sigfrido Ranucci. L’ultimo a richiamare la Rai al suo ruolo di servizio pubblico è stato l’ad e proprietario di Mediaset Pier Silvio Berlusconi.

“Gli italiani per approfondire i provvedimenti del governo o dell’opposizione o semplicemente essere informati devono andare sulle tv commerciali”. A parlare così è Michele Anzaldi, ex parlamentare prima del Pd e poi di Italia Viva, per dieci anni in commissione di Vigilanza Rai. Con lui abbiamo parlato degli spettri che agitano viale Mazzini.

Cosa ne pensa della Rai targata Meloni?

Diciamo che mi sembra un po’ eccessivo dire “targata Meloni”. Se l’Ad Fuortes non si fosse dimesso inaspettatamente, e immotivatamente, ci sarebbe ancora il cda del governo Draghi, governo di amplissime intese. Fuortes si è dimesso e questo ha fatto sì che siano cambiate alcune caselle, però ci sono ancora i consiglieri di amministrazione scelti dal Pd, dal Movimento 5 Stelle, da Forza Italia, purtroppo c’è stata la disgrazia che ha colpito Riccardo Laganà, il consigliere dei dipendenti. Grossomodo però il consiglio di amministrazione non è cambiato.

E come la definirebbe, allora, la Rai di quest’ultimo anno?

Io direi che al di là di ogni definizione c’è un contratto di servizio che, a mio avviso, non viene rispettato.

Perché dice che non viene rispettato?

Perché in Rai non ci sono programmi di approfondimento o di informazione. Se parliamo della Rai, parliamo di scandali e scandaletti. L’unica trasmissione politica in prima serata è quella condotta da Nunzia Di Girolamo, non decolla e oggi è finita in una bufera. Le altre trasmissioni, semplicemente, non ci sono. Gli italiani per approfondire i provvedimenti del governo o dell’opposizione o semplicemente per essere informati devono andare sulle tv commerciali. Per esempio, la trasmissione di Aldo Cazzullo, secondo me spettacolare, perché deve essere sulla tv commerciale? Cazzullo aveva la trasmissione in Rai.

E poi ci sono i problemi economici. Viale Mazzini ha chiuso l’ultimo bilancio del 2022 con una posizione finanziaria negativa per quasi 580 milioni di euro.

Ecco rispetto a questo mi domando cosa stiano facendo per evitare che la Rai sia la nuova, l’ennesima, Alitalia o Ilva. Cosa stanno aspettando per invertire la rotta? Prima di tutto sul rispetto del contratto di servizio, per dare agli italiani quello che chiedono alla Rai. Nulla, non si muove nulla. Anzi, le dico di più, alcune cose io, nei dieci anni in commissione di Vigilanza, le ho fatte con grandissima fatica, ma sono riuscito a farle con i miei colleghi.

Ad esempio, il famoso piano Newsroom è stato approvato in commissione di Vigilanza e in cda Rai, quindi è operativo. Però Luigi Gubitosi, ex dg Rai, a un mese dalla sua uscita, ha ritenuto opportuno lasciare l’implementazione a chi sarebbe arrivato dopo di lui. E con quel piano ci sarebbe un risparmio annuo di 70 milioni, che può arrivare fino a 100, e soprattutto smettiamo di essere l’unica televisione europea che ha 7 direttori, 100 – 150 vicedirettori, 400 capiredattori, che vuol dire capitoli di spesa, macchine, uffici, stanze, per avere, alla fine, come ha scritto Il Foglio, tutti la stessa immagine. Il progetto Newsroom nacque, quando ero in maggioranza, dallo scandalo di Renzi a Sydney con sei telecamere, quindi sei giornalisti del servizio pubblico al seguito.

Nonostante questa situazione il canone Rai è stato tagliato dall’ultima finanziaria.

Il canone è la tassa più odiata, il primo taglio l’ha fatto Renzi, di centrosinistra, il secondo taglio l’ha fatto la Meloni, di centrodestra.  Quindi, dati alla mano, entrambi sono d’accordo che quel canone è alto per quello che la Rai fa. Anzi, quello che non fa: non fa informazione, non fa approfondimento e non fa cultura. Quando venne Fuortes in commissione Vvigilanza Rai ci disse di avere un bilancio da due miliardi, un miliardo lo spende per i dipendenti. Beh, se si spende un miliardo per i dipendenti non c’è niente da fare.

Dipendenti che poi non risolvono il problema prodotto perché, come sappiamo, quasi tutto è in appalto esterno; quindi, è un miliardo più gli appalti esterni. Dove sono i soldi per sperimentare, per prendere nuovi autori? Non rimane nulla. Inoltre, l’altro giorno c’è stata l’audizione di Ranucci in commissione ed è venuto fuori Report è la perla di Qualitel, secondo questa ricerca Report è la prima trasmissione in ascolti, e Ranucci è l’unico giornalista col tetto all’ingaggio, tutti gli altri sono senza tetto.

Secondo lei la convocazione di Ranucci in commissione di Vigilanza Rai è stato un modo per mettergli pressione?

Secondo me è stata una cosa gravissima. È un grave precedente perché non si convoca il conduttore o il giornalista. La commissione di Vigilanza parla con l’amministratore delegato, col presidente, al limite con il direttore, ma non parla con il conduttore. Tempo fa Lucia Annunziata, grande conduttrice, scrisse una lettera dicendo di essere stata minacciata dall’ex premier Conte, e chiese di essere convocata in commissione di Vigilanza. Noi spiegammo che non potevamo convocarla e casomai avremmo convocato il direttore. La convocazione di un giornalista non solo è inusuale, ma non ha senso, si dovrebbe discutere con il suo responsabile, il suo direttore.

Perché, secondo lei, la voce delle opposizioni sembra così flebile rispetto al tema Rai?

Possiamo liberarci dalle impressioni e andare a guardare i dati: sulle agenzie non c’è l’opposizione. Quando io ero in commissione di Vigilanza c’erano tre comunicati e due esposti al giorno e adesso c’è un silenzio totale e ci sono anche poche firme. Quando esce qualcosa, se esce, è sempre il gruppo che parla. Certo che c’è l’assenza dell’opposizione. L’ultimo incidente di Nunzia Di Girolamo, con l’intervista alla ragazza vittima di stupro, è un caso eclatante. Solo adesso l’opposizione si sta pronunciando, dopo che tutte le maggiori associazioni italiane hanno protestato. Perché la commissione di Vigilanza non ha bloccato la messa in onda?

E secondo lei perché le opposizioni vivono questa difficoltà a prendere posizione sull’argomento Rai?

Difficoltà è un termine che usa lei, secondo me questo è un metodo. Secondo me la gestione della Rai, così com’è, va bene a tutti. Altrimenti ci sarebbero le proteste sui tg, sui palinsesti, sulle nomine, proteste che non ci sono perché evidentemente va bene. Che in Rai ci sia qualcosa che non va lo registrate voi giornalisti, se non lo registra la commissione di Vigilanza e non lo registra il Cda, quello che si può pensare è che ci sia un accordo politico.

Se volessimo un titolo potremmo dire “Le larghissime intese sulla Rai”.

O larghissime spartizioni, se volessimo essere più cattivi.

Qualche giorno fa Pier Silvio Berlusconi ha accusato la Rai di non fare servizio pubblico e di rincorrere troppo la tv commerciale.

Su questo direi innanzitutto che c’è una differenza di numeri che fa paura. Da una parte ci sono 17.000 dipendenti, dall’altra parte ce ne sono 2000. E in più adesso quello che fa Mediaset, come l’approfondimento politico, la Rai non lo fa. Il lunedì c’è solo Nicola Porro, quando c’è stato l’attentato c’era solo Porro.

Secondo lei nelle parole di Pier Silvio Berlusconi c’è un messaggio al governo?

Secondo me no, credo che Mediaset, ormai, quello che poteva prendere se l’è preso. Berlusconi ha detto che una Rai debole fa male a tutti, che la Rai che non funziona fa male a tutti. Chiaramente se non dovessero trovare una strategia per invertire la rotta e sanare il deficit la Rai dovrebbe aumentare i tetti pubblicitari. Questo danneggerebbe Mediaset ma anche tutta l’altra stampa. Pensi che qualche tempo fa io insieme a Mulè avevamo fatto un’iniziativa contro il dumping sulla pubblicità che faceva la Rai. Dumping sulla pubblicità denunciata dall’AgCom, non da me. Figuriamoci quello che può succedere se aumenta la crisi, è chiaro che Berlusconi sia preoccupato.

Nell’ultimo anno la Rai ha dovuto salutare colonne portanti dell’azienda come Fabio Fazio, Lucia Annunziata e, da ultimo, Corrado Augias. Secondo lei era la libertà a mancare?

E io mi chiedo perché la Rai non fa trasparenza su questi temi? Perché se è stato solo per un ritardo nel contratto allora è l’inettitudine di un dirigente, e basta cacciarlo. Se, invece, è perché c’era chi voleva il contratto a quattro anni, e di solito sono a tre anni, voleva cinque milioni l’anno, più altri cinque alla sua società, è un altro discorso. Anche per Corrado Augias, se inettitudine è una cosa scandalosa, gravissima, e i dirigenti vanno cacciati. Se invece c’è una trattativa perché il giornalista chiedeva delle cose, forse sacrosante, ma ingestibili in un’azienda pubblica come lo sforamento del tetto all’ingaggio, allora è un altro discorso. Facessero trasparenza, e questa opacità è responsabilità della Rai.

E poi non dimentichiamo il ruolo degli agenti, un grave problema, non a caso è stato approvata in commissione di Vigilanza una risoluzione che prevede che ogni agente non possa avere oltre un certo numero di artisti, e invece gli agenti sono sempre quei 2-3. Se venisse fuori che tutto questo nasce perché c’è una richiesta di uno stipendio troppo alto, secondo me, visto che c’è un disavanzo di quasi un miliardo, gli italiani capirebbero.

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