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Codice della strada, ecco perché Salvini vara la linea dura

Le nuove norme “folli” della riforma del Codice della Strada rendono la vita dell’automobilista più dura di quella di uno scafista

Se quelli per mare e per terra, per i migranti che sono in acqua e per chi è ucciso per strada, magari attraversandola a piedi doverosamente sulle strisce pedonali, non fossero problemi tragici verrebbe voglia di scherzare sulla coincidenza voluta dal governo fra la linea dura, la stretta e quant’altro, secondo i titoli dei vari giornali, adottata per mare e per terra, appunto. Mi chiedo se abbia un senso rendere la vita di un automobilista quasi più dura di quella di uno scafista che qualche mese fa la presidente del Consiglio promise – mettendoci la solita faccia – di andare a cercare quasi di persona per “tutto il globo terraqueo”.

IL CODICE DELLA STRADA E LA STANGATA SUI CELLULARI

Mi sembrano una follia quei 1.700 euro di multa, contravvenzione e quant’altro allo sprovveduto che, omettendo il pulsante del “viva voce”, o sprovvisto del congegno elettronico che collega il suo telefonino alle strumentazioni dell’auto, si fa cogliere in flagranza di conversazione col cellulare in mano. Non parliamo poi dei 2.588 euro e altro ancora in caso di recidiva. Ma i governanti che su proposta del vice presidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini hanno approvato questa cosiddetta riforma del codice della strada hanno cognizione del valore dell’euro? Sanno che i quasi cinquemila euro netti di indennità parlamentare mensile sventolati recentemente in aula alla Camera da Piero Fassino col cedolino vantandone quasi la modestia, l’italiano medio li vede col binocolo, se può permettersi di comperarsene uno per togliersi il gusto di usarlo?

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Questo Salvini impegnato su tanti fronti, forse pronto a chiudere almeno le strade in attesa di potere ritentare la chiusura dei porti rischiando altri processi, dovrebbe pur cercare di darsi una regolata, come si dice a Roma. Non so francamente a Pontida, dove non mi sono mai neppure affacciato da quando, dirigendo Il Giorno e avendone criticato a distanza il primo o uno dei primi raduni leghisti al pari di altri quattro colleghi nel giro di una settimana, mi vidi denunciato da Umberto Bossi in persona per associazione a delinquere.

PER IL GIORNALE ‘TORNA LA DISCIPLINA’

Non mi sono trattenuto da queste ironiche ma insieme amare riflessioni sulla stretta stradale neppure dopo avere letto l’entusiastico commento di Alessandro Sallusti tornato alla direzione del Giornale ed entusiasta del ritorno, a sua volta, della “disciplina” nei rapporti sociali, almeno sulla carta intestata del Consiglio dei Ministri e dintorni. Ho accettato il rischio, per quanto modesto, di finire associato al “solito coro progressista” abituato a “indicare queste misure come illiberali, dimenticando – ha scritto Sallusti – che libertà e disciplina vanno di pari passo e che, diceva il filoso fondatore del pensiero moderno Immanuel Kant, “la mancanza di disciplina è peggio della mancanza di cultura”. Che spreco di citazioni. Personalmente preferisco quell’ “adelante Pedro cum juicio” di Antonio Ferrer, il grancancelliere a Milano durante la peste raccontata da Alessandro Manzoni nei “Promessi sposi”.

– Leggi qui tutti i Graffi di Damato

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