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Come va (male) la crescita nell’Eurozona, parla Peirone (Friedman Institute)

La Commissione ha tagliato le stime di crescita dell’eurozona: in calo di 0,3 punti percentuali. Il punto

Un taglio di 0,3 punti percentuali. È questa la variazione alle stime di crescita della Commissione Europea sull’eurozona. Il Pil della zona euro è atteso allo 0,8 per cento per quest’anno e all’1,1 per cento il prossimo, il taglio è di 0,3 punti percentuali.

CRESCITA EUROZONA: COSA NON VA IN EUROPA?

“Le previsioni sulle stime di crescita nell’eurozona negative erano piuttosto annunciate. Il rimbalzo post Covid c’è stato ma è stato abbastanza drogato dagli incentivi pubblici – commenta il prof. Dario Peirone, docente dell’Università di Torino ed esperto del Milton Friedman Institute -. Il punto è che tutti i problemi economici dell’eurozona, che erano precedenti al Covid, si sono acuiti con la pandemia e la guerra. Non solo non sono stati risolti ma sono stati ignorati”. Le economie del Vecchio Continente hanno molti, e noti, problemi. Il primo è la competitività.

“Il problema principale dell’Eurozona è la produttività – dice il prof. Peirone -. Ricordo un seminario a cui partecipai, diversi anni fa, del think tank Bruegel in cui si discuteva di come l’economia europea fosse particolarmente debole dal punto di vista della produttività”. Ma non solo.

“L’economia europea ha anche altre debolezze. Intanto era molto vulnerabile alle crisi, come quella energetica. La Germania non è ancora riuscita a risolverla perché erano i più dipendenti dal gas russo e hanno dovuto rivoluzionare completamente il sistema energetico”.

IL RALLENTAMENTO DELL’ECONOMIA TEDESCA INFLUISCE SULLA CRESCITA DELL’EUROZONA

Non è un caso che dietro il rallentamento dell’eurozona ci sia proprio il rallentamento dell’economia tedesca. “Negli anni passati la Germania ha fatto una politica di surplus che le ha consentito di garantire sussidi durante gli anni del COVID e poi di affrontare la crisi della guerra sostenendo, diciamo artificialmente, un sistema economico che invece stava cominciando a non essere più competitivo”. Con il venir meno dei sussidi la Germania fatica a ripartire.

“Il problema è che se la Germania si ritrova ferma ci ritroviamo fermi anche noi che siamo in gran parte dipendenti dall’ordinativo tedesco – continua il prof. Peirone -. E così tutta una parte dell’Europa. Anche la Francia ha problemi di produttività e la Spagna è dipendente dalla Germania. Quindi la crisi tedesca ha avuto ripercussioni su tutta l’eurozona”.

IL DIRIGISMO DEL PNRR CHE NON AIUTA LA CRESCITA NELL’EUROZONA

Eppure, i paesi europei, proprio per fronteggiare i rallentamenti dell’economia scaturiti dal Covid e favorire la ripartenza, hanno messo in piedi il più grande piano di investimenti della storia europea.

“Il PNRR è un piano dirigista, non è un piano per cercare di mettere le imprese in condizioni di aumentare la produttività e di fare investimenti. Nel momento in cui si assegnano risorse solo ed esclusivamente a determinati ambiti, addirittura decidendo come bisogna investire, di fatto si sta bloccando qualsiasi possibilità di espansione perché investire solo un settore è molto rischioso”.

“Quindi secondo me il problema europeo della bassa crescita durerà ancora qualche anno e speriamo che questo dirigismo imperante lentamente si allenti”.

LA RICETTA DUBBIA DELLA BCE

L’economia europea sta vivendo anche mesi di incontrollate spinte inflazionistiche che la politica monetaria della BCE sta provando a raffreddare. “Le spinte inflazionistiche ci sono sempre quando c’è un’epidemia, e in più c’è una guerra. A questo aggiungiamo che il costo del denaro era stato bassissimo per un sacco di tempo, era del tutto chiaro che ci sarebbe stata un’enorme spinta inflazionistica.

Tra l’altro la Banca centrale europea sta usando armi per combattere un’inflazione da domanda ma questa non lo è – aggiunge il prof. Peirone -. Questa è un’inflazione dovuta a cause esogene e andrebbe combattuta in modo diverso. Quindi non è affatto detto che la stretta monetaria sia la politica più efficace.

Proprio perché, come dicevo prima, in questo momento abbiamo bisogno di investimenti e di fare in modo che le imprese possano colmare il gap di produttività. Non mi sembra una grande strategia”. L’inflazione può essere alimentata anche da alcuni provvedimenti. “Se si fanno investimenti come il Bonus 110%, oppure le agevolazioni per i veicoli elettrici, è ovvio che i prezzi di quel mercato salgono”.

UNA FINANZIARIA DI CORTO RESPIRO?

La riduzione delle prospettive di crescita è arrivata in un momento delicato dell’anno politico italiano, proprio quando in Parlamento si sta lavorando alla composizione della Legge di Bilancio. “Io non credo che ci possiamo aspettare più di tanto dalla Legge di Bilancio, l’ha detto anche il ministro Giorgetti – continua il prof. Peirone -. Con un debito pubblico come quello che c’è e con una bassa crescita è quasi impossibile avere dei margini di manovra. Per noi fare deficit significa fare debito.

Ci dovremo aspettare la solita finanziaria, di basso profilo, senza nessun intervento veramente strategico e ammantata di provvedimenti che ufficialmente vanno a colpire i cattivi, le cattive multinazionali, le cattive compagnie aeree, le cattive banche. Provvedimenti utili a nascondere che non si riesce a fare una vera politica liberale e che potrebbe davvero stimolare l’attività economica.

Non mi aspettavo che un governo di centrodestra stringesse gli ambiti di libertà economica anziché aumentarli. E invece vedo che ci stiamo accanendo contro il mercato delle case in affitto, contro il mercato bancario, contro il mercato delle compagnie aeree, contro le multinazionali. Poi, per carità, si può discutere di tutto ma limitare i prezzi, limitare il mercato, significa limitare la crescita, non aumentarla. Non sarà una manovra di ampio respiro, ci saranno tagli al carico fiscale partendo dai redditi bassi ma questo significa tagliare di poco con un effetto veramente marginale”.

– Leggi anche: Le priorità della legge di bilancio: i ministri chiedono 40 miliardi

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