Le promesse di Meloni in campagna elettorale salgono sul banco degli imputati, ma l’opposizione sembra essere un po’ in tilt. Il dilemma è: Come comportarsi di fronte all’operato del Governo?
Da giorni le opposizioni e alcuni quotidiani stanno prendendo di mira le promesse della destra fatte in campagna elettorale. Ieri l’Unità titolava così in prima pagina: ‘Diceva: pensioni, meno sbarchi e meno tasse. Il fallimento completo del governo Meloni’, mentre il Foglio riportava “una radiografia del deep state, dei boiardi che Giorgia voleva abbattere” e giù l’elenco dei vari Ruffini, Descalzi, Cingolani, Figliuolo, Panetta fino a Daniele Franco: coloro che “incarnavano nell’epoca sovranista – scriveva Valentino Valentini – la minaccia da estirpare col machete: sono gli unici su cui Meloni possa davvero fare affidamento”. A questo punto sorge un bel dilemma per la sinistra (forze politiche, opinionisti, gruppi editoriali): preso atto di tutto ciò, che fare? Criticare o cavalcare le contraddizioni del centrodestra?
IL DILEMMA DELL’OPPOSIZIONE
Oggi La Stampa scrive che “cambiare idea non frena Giorgia”, il politologo Giovanni Orsina osserva come “l’opposizione politica e intellettuale fatica ad attaccare Meloni su terreni cruciali quali l’immigrazione e l’economia” e che “non sarà certo perché qualche anno fa Meloni diceva delle cose e oggi ne sta facendo altre” se gli elettori le revocheranno la fiducia.
Ed è proprio su questo interrogativo che il Pd, il M5S, la sinistra di Fratoianni stanno andando un po’ in tilt. E’ vero che sono riusciti – in maniera propositiva – a ricompattarsi sul salario minimo e la stessa forza d’urto dovrebbero riuscire a esprimerla anche nella battaglia contro i tagli alla sanità e sul definanziamento del Pnrr. Ma con riferimento all’opposizione tout court all’azione di governo, come comportarsi?
LE PROMESSE DISATTESE SONO UNA BUONA NOTIZIA
Su questo aspetto è interessante rileggere due commenti, quello di Antonio Padellaro sul Fatto quotidiano e di Piero Sansonetti sull’Unità.
Scrive il primo: “Ok, esistono contraddizioni stridenti tra Meloni Uno e Meloni Due ma che vogliamo fare? Preferiamo una premier che nel nome della cristallina coerenza ripristini il vecchio armamentario paleo destrorso? Oppure digeriamo con l’Alka Seltzer la (in qualche modo obbligata) conversione moderato-istituzionale della premier e ci armiamo di santa pazienza, tanto questi litigano ma non li schiodi?”. Scrive il secondo: “Tiriamo le somme. Sui tre punti chiave del suo programma elettorale il governo Meloni ha fallito. Fallito al 100 per cento. E questo è un male? No, per l’Italia non è un male, perché il blocco navale, lo scassamento dell’Inps e la flat tax erano pessime idee. Per fortuna non sono state realizzate”.
PALLA ALL’OPPOSIZIONE, ALZARE BANDIERA BIANCA O ATTACCARE?
A questo punto per il direttore dell’Unità il governo dovrebbe alzare bandiera bianca, mentre Padellaro evidenzia il rischio che, a causa della “conclamata assenza di una vera alternativa progressista”, al prossimo giro al posto di Crosetto “ci mettono il generalone best-seller” (Vannacci) e al Viminale “l’autocefalo ‘Sua Beatitudine’” (Alessandro Meluzzi che nel 2019 ha scritto un libro insieme a Meloni).
Il sottinteso è che in questa fase forse la strategia più redditizia per la sinistra è quella della riduzione del danno, in attesa di tempi migliori. E quindi, acqua e pillola digestiva. Non più il Maalox grillino però, bensì l’Alka Seltzer piddina.