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Giorgia Meloni è la vera erede di Berlusconi?

La demonizzazione di Berlusconi,  fra realtà e sarcasmo, si è subito trasferita sulla leader che ne ha coraggiosamente rivendicato l’eredità politica e promesso la continuità

Avevo già scritto, modestamente, che i veri vedovi di Silvio Berlusconi si sarebbero rivelati i suoi avversari, più dei suoi familiari, a cominciare naturalmente dall’onorevole Marta Fascina, che il suo uomo chiamava moglie ostentando ultimamente anche una fede al dito. E che ha giustamente colpito e commosso milioni di persone che da casa l’hanno vista impietrita nel Duomo di Milano accanto alla bara, con gli occhi bagnati e fissi sul feretro.

         Avevo modestamente già scritto, ripeto, dei vedovi di Berlusconi da cercare fuori dalla sua famiglia e dalla cerchia più stretta degli amici, ma francamente non immaginavo che lo spettacolo, chiamiamolo così, si sviluppasse così rapidamente e clamorosamente.

         La demonizzazione di Berlusconi,  fra realtà e sarcasmo, si è subito trasferita sulla leader che ne ha coraggiosamente rivendicato l’eredità politica e promesso la continuità: la premier Gorgia Meloni. Che sul giornale orgogliosamente, quasi maniacalmente più antiberlusconiano sul mercato, naturalmente Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio, ieri si era già guadagnato il soprannome di “Melusconi”, come la buonanima di Giampaolo Pansa aveva trasformato Massimo D’Alema in “Dalemoni” quando si convinse, a torto o a ragione, che l’uno avesse deciso di governare praticamente per conto dell’altro dopo avere fatto fuori il primo Romano Prodi a Palazzo Chigi. Oggi, non bastandogli il “Melusconi” di ieri, Travaglio ha nominato e rappresentato la premier in carica “La Marchesa del Grillo”, mettendole in bocca le parole attribuite  in un film dall’indimenticabile Alberto Sordi: “Io so io e voi..”  non siete un cazzo, censurato in un sussulto di buona e ipocrita educazione.

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         Non è che l’apparentemente austera Repubblica sia andata più leggera chiamando “legge salvacorrotti”, su tutta la sua prima pagina di oggi, quella appena proposta dal governo al Parlamento per abolire l’abuso d’ufficio, che produce da tempo più paralisi amministrative che condanne, pochissime. E cui la nova segretaria del Pd Elly Schlein ha subito dichiarato guerra per quanto informata che i sindaci del suo partito da tempo non aspettavano altro intervento per potere finalmente svolgere davvero il proprio mandato.

         La nuova legge è disinvoltamente “salvacorrotti” come era “spazzacorotti” quella varata nel 2019 dal primo governo di Giuseppe Conte e ancor prima quella della ministra della Giustizia Paola Severino, del governo di Mario Monti, usata anche per far decadere Berlusconi da senatore dopo la curiosa condanna per evasione fiscale del contribuente italiano che aveva pagato e pagava più tasse di tutti nel suo Paese.

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         Ma oltre che “salvacorrotti”, la legge appena proposta dal governo si è guadagnata il soprannome di “bavaglio” per i problemi che pone a quelli che Mattia Fetri ha giustamente chiamato sulla Stampa non  giornalisti ma “copiatori”, lesti nel riprodurre carte, e simili, di sputtanamento del prossimo, neppure sotto processo, appena ricevute da fonti giudiziarie.

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