Le distrazioni, omissioni, censure -chiamatele come volete dopo avere letto di che cosa si tratta- che hanno accompagnato sui giornali -i pochi peraltro che hanno portato l’argomento in prima pagina- il discorso fatto dal presidente della Repubblica
Visto anche che si è concluso solo il primo turno di queste elezioni amministrative di maggio, caricate forse di eccessive attese per ricavarne chissà quali letture politiche a livello nazionale, non starò a perdermi appresso ai soliti giochi e giochetti di giornali apparentemente o dichiaratamente indipendenti ma in realtà sostituitisi in gran parte a quelli che erano una volta, e con una certa loro dignità, i giornali ufficiali di partito.
In attesa dei non pochi ballottaggi comunali fra quindici giorni, dai quali forse si potrà capire meglio e di più, astensionismo permettendo naturalmente, non starò a perdermi in particolare fra “l’onda di destra fermata” secondo Repubblica, che spera in un secondo turno migliore per l’esordio elettorale della nuova segretaria dell’amato o preferito Pd, e la più realistica, distaccata, rassegnata ammissione della Stampa, peraltro dello stesso gruppo editoriale, che “la destra avanza”.
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IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALLE TOGHE
Preferisco perdermi piuttosto, a modo mio, fra le distrazioni, omissioni, censure -chiamatele come volete dopo avere letto di che cosa si tratta- che hanno accompagnato sui giornali -i pochi peraltro che hanno portato l’argomento in prima pagina- il discorso fatto dal presidente della Repubblica e anche del Consiglio Superiore della Magistratura, Sergio Mattarella, alla scuola di formazione delle toghe, a Napoli.
“Prevenire il malcostume” è la frase o il concetto, l’indicazione, la raccomandazione e quant’altro con cui il Corriere della Sera da Milano e Il Messaggero da Roma hanno scelto per i loro titoli, entrambi sostanzialmente contenuti nella grafica.
“Toghe, rispettate gli altri poteri”, ha preferito invece titolare su quasi tutta la prima pagina un giornale specialistico -potreste dire- come quello degli avvocati che ha nella testata Il Dubbio, al maiuscolo, questa volta rimosso con un convinto e gridato “altolà di Mattarella” ai magistrati troppi o troppo tentati dal fare dei processi anche ciò che non sono. Cioè contestazioni alla politica e alla presunzione pur sancita dalla Costituzione che la sovranità spetti al popolo, non alle toghe. Le quali non possono legiferare più o meno sotterraneamente con le loro sentenze, non sempre smentite dalla Corte di Cassazione.
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Ma anche il manifesto, che non è il giornale degli avvocati e non si può neppure definire prevenuto verso la magistratura, ha colto nel discorso di Mattarella un richiamo tradotto così: “Toghe, rispettate la vostra funzione”. Che non è quella, ripeto, di fare le leggi, spettanti al Parlamento eletto dai cittadini, o di impedire di farle minacciando scioperi e simili, ma solo di rispettarle e applicarle.
Di tutto questo -ahimè- non si è minimamente accorto oggi in prima pagina un giornale come Il Riformista, con la R inclinata in omaggio all’iniziale del cognome del nuovo direttore, sia pure solo editoriale, Matteo Renzi. Un infortunio, direi, per l’ex presidente del Consiglio appena prestatosi anche al giornalismo.