Grillo avrebbe percepito 120mila euro all’anno sia nel 2018 sia nel 2019 “apparentemente come corrispettivo” per diffondere “su canali virtuali”, come il sito beppegrillo.it, contenuti redazionali per il Marchio Moby ma, in realtà, secondo l’ipotesi da accertare, il fondatore di M5S avrebbe fatto avere ai parlamentari del Movimento le istanze dell’armatore Onorato alle prese con una compagnia che non naviga da tempo in buone acque
Fino a poche ore fa, il “traffico di influenze”, fattispecie penale peraltro dai confini non sempre chiarissimi, era roba loro. Nel senso che il fatto che ora sia punibile con 4 anni e mezzo di carcere se lo erano appuntato orgogliosamente al petto proprio i pentastellati, per un inasprimento di pena voluto dall’allora ministro grillino della Giustizia, Alfonso Bonafede. Nessuno poteva sapere che il peggioramento della cornice edittale avrebbe potuto riguardare e forse perfino impensierire, prima o poi, pure il loro fondatore, l’Elevato, oggi ridotto a ruolo di mero indagato. Beppe Grillo è infatti indagato a Milano per traffico di influenze illecite per alcuni contratti pubblicitari sottoscritti dalla compagnia di navigazione Moby con il blog Beppegrillo.it.
MOBY – GRILLO, L’IPOTESI DEI MAGISTRATI INQUIRENTI
Secondo il teorema accusatorio, l’armatore Vincenzo Onorato avrebbe chiesto a Beppe Grillo una serie di interventi a favore di Moby Spa che il leader del Movimento 5 stelle avrebbe “veicolato a esponenti politici trasferendo quindi” all’armatore “le relative risposte”, si legge in un comunicato del Procuratore della Repubblica di Milano facente funzione, Riccardo Targetti. Su Moby, ammessa recentemente al concordato preventivo, è in corso un’inchiesta per bancarotta, coordinata dal pm Roberto Fontana, che vede indagati il patron Vincenzo Onorato e il figlio.
Il pm hanno ritenuto “illecita la mediazione operata” da Grillo sulla base sia “dell’entità degli importi versati o promessi” da Onorato, sia della “genericità delle cause dei contratti”, sia “delle relazioni effettivamente esistenti ed utilizzate” dal leader del movimento Cinque Stelle “su espresse richieste” dell’armatore “nell’interesse del gruppo Moby”.
Grillo avrebbe percepito 120mila euro all’anno sia nel 2018 sia nel 2019 “apparentemente come corrispettivo” per diffondere “su canali virtuali”, come il sito beppegrillo.it, contenuti redazionali per il Marchio Moby. In cambio, secondo l’ipotesi da accertare, il fondatore di M5S avrebbe fatto avere, via chat, ai parlamentari del movimento da lui fondato le istanze di Onorato orientando l’intervento pubblico “favorevole agli interessi” della compagnia di navigazione allora in crisi finanziaria. Inoltre il comico avrebbe anche trasferito all’armatore “le risposte della parte politica o i contatti diretti con quest’ultima”.
Nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza, coordinata dall’aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Cristiana Roveda, gli investigatori hanno perquisito anche la sede legale della Casaleggio Associati. L’indagine riguarda anche un contratto per 600mila euro annui sottoscritto dalla stessa Casaleggio Associati con Moby spa nel triennio 2018-2020. Allo stato Davide Casaleggio, legale rappresentante e socio di maggioranza della società, non è indagato. Sarà invece cruciale capire, soprattutto a livello politico, chi siano gli esponenti 5Stelle presenti in quella chat di cui parlano i PM, anche per un rapido raffronto con le leggi votate e i ddl presentati nell’arco di quest’ultima legislatura.