Ecco cosa prevede attualmente la normativa italiana sullo ius soli sportivo
Gli ori di Marcell Jacobs nei 100 metri ed Eseosa Desalu nella staffetta 4×100 alle Olimpiadi di Tokyo hanno riaperto il dibattito sullo ius soli sportivo. In particolare, è significativo il caso di Desalu: nato in Italia, ma che ha potuto indossare la maglia azzurra solo dopo i 18 anni.
Il Parlamento non riesce a trovare la quadra e le proposte di legge per riformare la cittadinanza sono ferme in commissione Affari costituzionali.
CHE COS’È LO IUS SOLI SPORTIVO
Lo ius soli sportivo consiste nella possibilità per i giovani stranieri di partecipare a competizioni per squadre che rappresentano una nazionalità diversa dalla loro.
COM’È REGOLAMENTATO IN ITALIA
Intanto lo ius soli sportivo in Italia esiste o no? La legge “Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva” del 2016 prevede una forma particolare di ius soli sportivo.
La norma prevede che una ragazza o un ragazzo immigrato in Italia, anche se non ancora in possesso della cittadinanza italiana, possa essere tesserato da un club italiano e partecipare regolarmente alle competizioni ma solo se regolarmente residente nel nostro Paese almeno dal compimento del decimo anno di età.
I minori “non regolarmente residenti” possono fare sport ma non possono essere inseriti nelle selezioni nazionali, per le quali invece è necessario avere la cittadinanza italiana. Chi si trova in questa situazione deve, infatti aspettare di compiere 18 anni e poi avviare la pratica per ottenere la cittadinanza italiana.
COSA CHIEDE MALAGÒ
La richiesta del presidente del Coni Giovanni Malagò riguarda proprio le tortuose procedure per ottenere la cittadinanza: “Non ci deve essere una via crucis: a partire dai 18 anni e un minuto chi ha quei requisiti deve avere la cittadinanza italiana. Vi posso raccontare di rimbalzi tra prefetture, ministeri e situazioni che rallentano il tutto e magari poi se ne va a gareggiare per un altro Paese”.
I LIMITI DELLA NORMATIVA
Secondo l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), il limite dei dieci anni “determina l’esclusione di molti minori il cui diritto alla parità di trattamento con quelli italiani è garantito dalla Convezione ONU sui diritti del fanciullo”.
Per l’Associazione, infatti, “il concetto di ‘regolarmente residenti’ deve essere interpretato guardando alla dimora abituale e quindi alla semplice presenza del minore sul territorio, indipendentemente dalla condizione di regolarità o meno del soggiorno dei genitori”.