Crollo di nascite nel 2020, il peggiore dall’Unità d’Italia. Mai così tanti decessi dal secondo Dopoguerra. Forte riduzione dei movimenti migratori. L’implosione demografica italiana nel drammatico report Istat
“Nel nostro Paese, alla data del 31 dicembre 2020, la popolazione residente è risultata inferiore di quasi 384 mila unità rispetto all’inizio dell’anno, come se fosse sparita una città grande quanto Firenze”. Nel rapporto dal titolo La dinamica demografica durante la pandemia Covid-19- anno 2020 l’Istat prova a suonare l’allarme. Una combinazione drammatica di eventi, che vede il crollo delle nascite accompagnato da un drastico aumento dei decessi, con un massimo storico che arriva a quota 746 mila, mai così alto dal secondo Dopoguerra.
UNA COMBINAZIONE LETALE
L’impatto della pandemia sta diventando devastante nel nostro Paese, amplificando tendenze già in atto da diverso tempo. Oltre al calo delle nascite e all’aumento dei decessi, altri fenomeni aggravano la situazione. Ad essi si accompagnano infatti una forte riduzione dei movimenti migratori e un calo del numero dei matrimoni celebrati, pari a 96.687, -47,5% sul 2019 (-68,1% i matrimoni religiosi e -29% quelli con rito civile).
I DATI DEL REPORT
Il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia registrato nel 2019 è stato dunque di nuovo superato nel 2020. “Gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404.104, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019 (-3,8%)”.
La “geografia delle nascite” mostra un crollo generalizzato in tutte le ripartizioni, più accentuato al Nord-Ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). “I tassi di natalità pongono la provincia autonoma di Bolzano al primo posto con 9,6 nati per mille abitanti e la Sardegna all’ultimo con il 5,1 per mille”.
Il calo a Nord è devastante. “Se nel 2019 il deficit di popolazione era stato piuttosto contenuto sia nel Nord-Ovest che nel Nord-Est (rispettivamente -0,06% e -0,01%), nel corso del 2020 il Nord-Ovest registra una perdita dello 0,7% e il Nord-Est dello 0,4%”.
Il Centro raddoppia il deficit di popolazione (da -0,3% del 2019 a -0,6% del 2020) mentre il Sud e le Isole, più colpite nella seconda ondata da metà settembre, “subiscono una perdita dello 0,7%, simile a quella del 2019, per effetto della tendenza allo spopolamento già in atto da diversi anni”.
Il tasso di crescita naturale – spiega il report – pari a -5,8 per mille a livello nazionale, varia dal -0,6 per mille di Bolzano al -11,3 per mille della Liguria. “Le regioni che più delle altre vedono peggiorare il saldo naturale (oltre il 4 per mille in meno rispetto al 2019) sono la Valle d’Aosta (-8,6 per mille) e la Lombardia (-6,7 per mille); solo la Calabria (-3,9 per mille) si assesta su valori simili a quelli del 2019”.
LE TRE FASI DELLA PANDEMIA
Come sottolinea anche il Sole24Ore, la diffusione dell’epidemia è stata caratterizzata da tre fasi: “il periodo da fine febbraio a fine maggio (prima ondata), con una rapidissima ascesa dei contagi e dei decessi, entrambi concentrati soprattutto nel Nord del Paese; una transizione (da giugno a settembre) con un rallentamento dei contagi per effetto delle misure di contenimento su scala nazionale adottate nella primavera (lockdown); una seconda ondata epidemica, a partire dalla fine di settembre 2020, con una drammatica riacutizzazione dei casi e un incremento dei decessi su tutto il territorio nazionale”.
L’ANGOSCIA PER IL FUTURO
L’analisi dell’Istat prova a spiegare che la causa della nostra denatalità è da ricercare in quegli stessi fattori che hanno contribuito al trend negativo dell’ultimo decennio, tra questi “la progressiva riduzione della popolazione in età feconda e il clima di incertezza per il futuro”.
Il senso di sfiducia generato nel corso della prima ondata, infatti, soprattutto al Nord, “può aver portato alla decisione di rinviare la scelta di avere un figlio”, fa notare il Sole24Ore. Al contrario, “il clima più favorevole innescato nella fase di transizione può avere avuto effetti benefici transitori, poi annullati dall’arrivo della seconda ondata”.
IL PESO DELLA STORIA
Il record negativo di poche nascite (404 mila) e l’alto numero di decessi (746 mila) (mai sperimentati dal secondo Dopoguerra) peggiorano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese da tanti anni e il deficit di “sostituzione naturale” tra nati e morti (cioè il saldo naturale) nel 2020 “raggiunge -342 mila unità, valore inferiore, dall’Unità d’Italia, solo a quello record del 1918 (-648 mila), quando l’epidemia di spagnola contribuì a determinare quasi la metà degli 1,3 milioni dei decessi registrati in quell’anno”.
Già nel 1995 l’Italia ha conquistato un primato molto triste, diventando il paese col più basso tasso di natalità al mondo: 1,19 figli per donna. Una vera e propria “glaciazione demografica”, che dura in gran parte ancora oggi e che fa del nostro paese un interessante caso di studio per tutti i demografi del mondo.
Dinamica demografica durante la pandemia covid-19. Nel 2020 nuovo minimo storico di nascite (404 mila) dall’unità d’Italia, un massimo storico di decessi (746 mila) dal secondo dopoguerra e una forte riduzione dei movimenti migrator #istat #IstatperilPaese https://t.co/WYR0hofJXI pic.twitter.com/Y75lD3kcfz
— Istat (@istat_it) March 26, 2021