Non doveva essere l’erede al trono dell’Arabia Saudita, eppure ci è riuscito. Descritto da un suo insegnante di inglese come un bambino indisciplinato, sfrontato e dalla personalità imponente, a cui erano rivolte tutte le attenzioni. Chi è il principe ereditario Mohammed bin Salman?
In pochi fuori dall’Arabia Saudita avevano sentito parlare di Mohammed bin Salman, soprannominato MBS, prima che suo padre, Salman bin Abdulaziz Al Saud, diventasse re nel 2015. Prima di allora si era laureato in legge alla King Saud University di Riad nel 2009 e dopo aveva ottenuto diversi incarichi in comitati governativi per poi essere nominato consigliere speciale del padre.
L’ASCESA DI MBS
Mohammed bin Salman – sesto figlio, apparentemente quindi destinato all’oscurità – ha iniziato ad avere sempre più poteri nel 2015 (a soli 30 anni) quando re Salman lo ha nominato ministro della Difesa, responsabile della gestione della politica estera, degli affari militari e dell’economia, e anche della compagnia petrolifera nazionale Saudi Aramco. Successivamente ha cercato di consolidare il proprio potere andando a caccia di presunti oppositori.

Anche quando ha deciso di lanciare una vasta campagna anti-corruzione, sempre per ripulire l’immagine dell’Arabia Saudita e apparentemente mirata a recuperare una fortuna in guadagni illeciti, molti analisti, come riportato dalla BBC, hanno detto che l’epurazione di potenti principi e uomini d’affari è stata l’occasione per rimuovere gli ultimi ostacoli al controllo totale del regno.
LA SUCCESSIONE AL TRONO
Fino a giugno 2017 la successione al trono tuttavia non prevedeva che fosse lui il principe ereditario, bensì Mohammed bin Nayef, nipote del re saudita, 61 anni, diabetico e vittima di un tentato assassinio nel 2009. Nella notte del 20 giugno però bin Nayef è stato convocato d’urgenza in un palazzo della Mecca e la mattina dopo è stata diffusa la notizia che aveva rinunciato spontaneamente al ruolo di erede al trono. È stato realizzato anche un video per mostrarlo mentre giura fedeltà al nuovo erede, per l’appunto, Mohammed bin Salman. Il New York Times e il Wall Street Journal tuttavia hanno ricostruito una storia diversa, secondo cui bin Nayef avrebbe ricevuto forti pressioni affinché capitolasse.

Bin Nayef, grazie al suo impegno contro il terrorismo jihadista, era diventato uno degli esponenti più rispettati all’estero, in particolare dal governo americano, ma la sua figura era stata a poco a poco oscurata da quella di bin Salman, che con il suo “Vision 2030” – l’ambizioso piano di modernizzazione dell’Arabia Saudita – aveva attirato elogi e attenzioni. Lo stesso che dovrebbe portare al nuovo Rinascimento di cui ha recentemente parlato Matteo Renzi con il principe saudita.
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DA PRINCIPE RIFORMATORE A PRESUNTO MANDANTE DELL’OMICIDIO KASHOGGI
Ha ottenuto il plauso dei leader occidentali per alcune delle riforme che ha supervisionato, come l’abolizione del divieto per le donne di guidare, le dichiarazioni di voler tornare a un Islam moderato e il tentativo di diversificare l’economia.
Ma è stato anche pesantemente criticato per aver portato avanti una sanguinosa guerra nel vicino Yemen che ha causato una catastrofe umanitaria, per aver iniziato una disputa diplomatica con il Qatar che ha diviso il Consiglio di Cooperazione del Golfo, e per la repressione delle voci in disaccordo con la sua politica.

Ci sono state richieste per sostituirlo come principe ereditario dopo che il giornalista saudita Jamal Khashoggi, noto per sue posizioni critiche nei confronti di MBS, è stato ucciso da agenti sauditi nel consolato dell’Arabia Saudita di Istanbul nel 2018. Bin Salman, ha ovviamente negato qualsiasi coinvolgimento, ma l’omicidio ha comunque danneggiato gravemente la sua reputazione internazionale.
LE DUE FACCE DELL’ARABIA SAUDITA
Dietro alle riforme economiche e sociali di facciata, l’Arabia Saudita è ancora un regime autoritario che persegue giornalisti, dissidenti e critici e MBS è il sovrano assoluto del regno. Come ha scritto il giornalista della CNN Peter Bergen, è vero che Bin Salman ha fatto delle riforme, ma ha anche accentrato tutto il potere nelle sue mani alla maniera di Luigi XIV di Francia, autore della frase: “L’État, c’est moi”, ovvero “Lo stato sono io”.